Premierato, verso il voto il 18 giugno. La Russa media, ma alla sinistra non va bene neanche così
Si fa strada l’ipotesi del 18 giugno per il voto sul premierato al Senato. “È un’ipotesi ancora non formalizzata, ma è un’ipotesi concreta”, ha detto il presidente, Ignazio La Russa, dopo la capigruppo a Palazzo Madama sulla riforma costituzionale che ha deciso di contingentare i tempi, fissando in 30 ore il limite per la discussione sugli emendamenti.
Il Senato verso il voto il 18 giugno: stop alle illazioni sui fini propagandistici
La decisione, oltre a offrire tempi ragionevoli per il confronto e il voto, sgombra anche definitivamente il campo dalle illazioni sul fatto che la maggioranza, con FdI in testa, aspirasse a un risultato propagandistico, ovvero un’approvazione buona da spendere in chiave elettorale. “Ho cercato una via che mettesse fine a un racconto che partiva dal presupposto che l’obiettivo della maggioranza fosse quello di chiudere prima delle elezioni”, ha chiarito La Russa, sottolineando che “nessuno mi ha mai fatto pressioni, ho proposto di fissare il voto addirittura la seconda settimana dopo le elezioni”.
La Russa media sui tempi e auspica un accordo sulla data del voto
“Abbiamo deciso di fare il contingentamento perché non possiamo tenere bloccata l’Aula. La maggioranza – ha spiegato il presidente del Senato – mi aveva chiesto 20 ore e le ho portato a 30 complessive. Alla fine della settimana prossima spero che fisseremo congiuntamente la data di chiusura. Avrei evitato questo contingentamento se avessimo deciso di comune accordo, all’unanimità la data di chiusura. Non è stato possibile, ci arriveremo per altre vie”, ha concluso La Russa, sottolineando che il suo obiettivo era portare “maggiore serenità”.
Ma all’opposizione non va bene nemmeno così
All’opposizione, però, non va bene neanche così. E, dopo lo scontro mediato da La Russa durante la capigruppo, ha continuato a usare toni barricaderi. “Non ci possono essere accordi da parte nostra, andremo avanti con la nostra opposizione molto dura in Parlamento e nel Paese”, ha detto il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia, continuando a sostenere la narrazione di “uno scambio politico tra Meloni e Salvini”, ma comunque dando “atto al presidente La Russa di aver cercato di guidare questo processo dentro una sostanziale unità dell’aula”. Un riconoscimento che arriva anche delle pur polemicissime file M5s. “Evidentemente l’opposizione ha la necessità di stare sulle barricate fino al giorno delle europee almeno, però la nostra determinazione va avanti”, ha commentato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.