Nuovo Parlamento europeo e immigrazione: al crocevia di un equilibrio deve suonare l’ora dell’identità
Migrazione e Identità Europea: il Parlamento nella ricerca di un equilibrio difficile. Nel contesto della sempre crescente mobilità globale, l’Europa, terra di antica civiltà e tradizioni, si trova oggi al crocevia di nuove influenze esterne al proprio spazio geografico e culturale. In questo modo, si è venuta a creare una situazione che rappresenta sfide tra le più complesse e cruciali del suo percorso storico: trovare l’equilibrio tra la gestione dell’immigrazione e la preservazione dell’identità europea. In questo intricato equilibrio tra aperture alle mobilità globali e la salvaguardia delle radici culturali e storiche, il Parlamento Europeo che verrà – ci auguriamo radicalmente – rinnovato a giugno, pensiamo debba affrontare la questione con un approccio più coraggioso nella difesa di un’identità in linea con i principi della tradizione culturale cristiana che ispirarono i padri fondatori del 1957.
Immigrazione e identità, il Parlamento europeo nella ricerca di un equilibrio difficile
Finora, il Parlamento Europeo ha privilegiato politiche migratorie di rispetto dei diritti umani, per promuovere l’uguaglianza e contribuire all’integrazione sociale ed economica: niente da eccepire. Tuttavia, navigando tra le complesse questioni di asilo e immigrazione, le decisioni legislative talvolta riflettono una visione troppo idealistica della questione, senza metter nel dovuto conto le realtà di fatto che mostrano la palese inadeguatezza, per non dire direttamente il fallimento, delle politiche di integrazione (come sta a dimostrare il sorgere ovunque di zone urbane, vere sacche di culture aliene allo spirito europeo, abitate da persone renitenti all’integrazione). In questo quadro, è comprensibile che emergano nelle nostre società perplessità e persino timore di fronte a fenomeni di diversità culturale, percepite come una minaccia da fasce sociali sempre più larghe.
Percezione giusta se si tiene conto, ad esempio, del rapporto sempre più stretto tra immigrazione e aumento del tasso di criminalità, che l’ipocrisia del politically correct continua a voler mascherare. Come quando nei media, se l’autore del reato è un extra comunitario, si evita di menzionarne l’origine. Non si può rispettare il diverso se per primis non si ama e difende la propria identità.
La complessità dell’immigrazione europea
Per comprendere appieno il ruolo cruciale del Parlamento Europeo nella gestione dell’immigrazione, è essenziale analizzare la complessità del fenomeno in sé. L’Europa, ricca di storie, lingue e tradizioni, è un continente che continua ad attirare individui provenienti da diverse parti del mondo in cerca di rifugio, ma soprattutto di opportunità economiche. Di fronte a questa realtà, il Parlamento Europeo, ha tentato di bilanciare la disponibilità all’accoglienza con l’esigenza dell’accettazione dei valori cardini della cultura laica europea, come mezzo d’integrazione nel tessuto sociale.
Eppure, a parte il fatto dell’impossibilità materiale di accogliere tutti quanti vorrebbero insediarsi tra di noi (il che nel tempo cagiona disagi, insoddisfazioni e destabilizzanti radicalizzazioni), i risultati non sono stati soddisfacenti, almeno per quanto riguarda gli immigranti di matrice islamica. Tra i quali si verifica una netta resistenza a siffatta integrazione, poiché in diretta collisione con la loro weltanschauung che non distingue tra le sfere religiosa e sociale.
Politiche del Parlamento per un’integrazione responsabile
Una delle chiavi con le quali si è provato ad affrontare la sfida dell’immigrazione è la formulazione di politiche che promuovano un’“integrazione responsabile”. In tale guisa, il Parlamento Europeo, tramite discussioni e votazioni, ha lavorato per sviluppare strategie che facilitino la coesistenza armoniosa di diverse comunità. Programmi educativi, opportunità lavorative e iniziative culturali sono parte integrante di questo approccio, mirando a creare una società europea interconnessa e inclusiva. Ciò malgrado, alla prova dei fatti dei rapporti sociali, i risultati non sono stati incoraggianti. In Francia, per esempio, interpellati in proposito gli allievi di matrice culturale non occidentale nelle scuole, la quasi totalità ha dichiarato di non identificarsi come francese. Sullo sfondo della questione immigrazione, c’è, dunque, un problema d’identità che solo l’ipocrisia dei benpensanti globalisti europei si ostina a sottovalutare.
Salvaguardare l’Identità Europea
Nel perseguire l’inclusione il Parlamento ha cercato di definire chiaramente il tessuto culturale dell’Europa soprattutto a partire dai principi e valori che traggono l’origine dalla cultura illuministica che informa l’odierno assetto liberal-democratico del continente, nell’intento di fornire una cornice assiologica per «salvaguardare l’identità europea»; e cioè, facendo della promozione dei valori di tolleranza, pluralismo e rispetto reciproco i cardini della sua politica d’inclusione degli immigranti. Peccato che tale operazione non sia riuscita bene perché, ahimè, l’identità dell’Europa è molto più antica e sostanziale di un costrutto ideologico particolare (risalente a soli due secoli).
In un tale contesto, il Parlamento, promuovendo politiche (programmi educativi, opportunità lavorative e politiche di accoglienza) che consentono agli immigrati di conservare le proprie identità culturali mirando a un’inclusione armoniosa nella società europea, peraltro senza riuscirvi, non favorisce affatto la conservazione delle tradizioni che attingono alle radici più profonde della genuina plurisecolare identità europea. Anzi, determina che questa venga a meno, con le antiche tradizioni di fatto svalutate e, in pratica, ostracizzate.
Prospettive future e il ruolo continuo del Parlamento
Partendo dalla costatazione di un certo risveglio dei nazionalismi sotto la forma della difesa delle sovranità e delle identità nazionali nello spazio europeo. E prendendo atto del fatto che la politica d’ inclusione senza assimilazione, finora attuata, non funziona, il nuovo Parlamento europeo dovrebbe affrontare la questione immigrazione (intesa nella sua ampiezza coinvolgente sia i nuovi arrivati sia le comunità insediate da decenni) con un approccio politico sostanzialmente differente. Le urgenze e le priorità che si son venute a creare come risultato delle politiche fin qui attuate, determinano in questo campo la necessità improcrastinabile di rivedere il tutto in modo risoluto.
Per ridefinire le priorità politiche in materia di immigrazione si potrebbe partire dalla determinazione tematica delle questioni più rilevanti. Per esempio: la scuola come canale di trasmissione di valori culturali europei e non di inclusioni di altre cose. Oppure il rispetto preferenziale per i vulnerabili nativi (anziani, disabili, disoccupati europei) anziché accogliere soggetti vulnerabili non nativi a scapito degli europei; oppure una tempistica per inserimento nel lavoro, o la preferenza al ritorno degli europei immigrati o loro discendenti. Ci auguriamo che il prossimo Parlamento Europeo abbia una tale sensibilità di fronte alle sfide poste dalla questione immigrazione.
*Gianfranco B. Sangalli è nato in Perù. È laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche e ha un
Diploma di postlaurea in Studi Europei. Per diversi anni, è stato docente universitario di Diritto
Internazionale Pubblico in tre università peruviane. Attualmente risiede in Spagna