Jobs Act, Renzi: “Il Pd è finito”. I big pensano al “licenziamento” per giusta causa della Schlein…

7 Mag 2024 8:58 - di Leo Malaspina

La firma al referendum Cgil contro il Jobs Act? “Non è una sorpresa”, dice Elly Schlein ricordando che “già nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18”. Una firma che giudica “coerente” con la storia politica della segretaria, come le riconosce Giorgio Gori, e in linea con la piattaforma con cui Schlein ha vinto il congresso Pd. Gori che però annuncia che non sosterrà il referendum, come tutti i riformisti del Pd, tra cui molti big del partito, che hanno preso male, malissimo, la mossa della segretaria contro quella che qualche anno fa fu una scelta ponderata del Pd targato Renzi. Che oggi sui giornali esulta.

Il Jobs Act del Pd rinnegato dal Pd, l’ironia di Renzi

“La firma di Elly Schlein per abolire il Jobs Act? Non penso che potesse farci un assist migliore per la campagna elettorale, direi che questa è davvero la fine del Pd”, dice il senatore di Italia viva e candidato della lista Stati Uniti d’Europa al  Foglio. “Vorrei che fosse noto che la segretaria del Pd aderisce a un referendum contro un provvedimento che caratterizzò un’intera stagione politica di quel partito: il Jobs Act era stato annunciato durante la campagna delle primarie del 2013, e il coordinatore della mia mozione era l’attuale presidente del Pd Stefano Bonaccini, la responsabile del lavoro era Marianna Madia, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’uomo che ha trovato i soldi  Pier Carlo Padoan e in Consiglio dei ministri l’hanno votato tutti…”, affonda Renzi. Ma ieri anche un big, che è ancora parte integrante del Pd, Dario Franceschini, ha fatto calare la propria contrarietà sul gesto della Schlein:  “No, non firmerò”, dice al Corriere mentre Andrea Orlando, anche lui schieratosi con Schlein alle primarie, non ha ancora deciso: “Sto riflettendo se firmare. Francamente penso che i parlamentari, avendo altri strumenti, possano anche esimersi dal sottoscrivere questo referendum”. Gelo, come da Matteo Orfini: “Io sono all’antica, immagino che ne discuteremo in Direzione dopo le Europee. Sa, sono obsoleto…”.

Riformisti in rivolta nel partito

Come era scontato, la mossa di Schlein ha infastidito l’area riformista dem. Molti di quelli che siedono in Parlamento votarono a favore della riforma ai tempi di Matteo Renzi e diversi non la rinnegano. Qualcuno lo ha detto in chiaro mettendo anche agli atti che non firmerà i referendum ma, complice anche la campagna elettorale per le europee, i malumori restano sottotraccia.

Dall’area riformista gli umori vengono riferiti off the records così: “La firma ha infastidito molti. Come la libertà di voto e la mancanza di una linea. E anche il fatto che non se ne discute nelle sedi opportune e che le cose vengono apprese dalle agenzie. In più il merito: bisognerebbe concentrarsi sul futuro e invece si affronta il passato facendo opposizione alle stesse scelte del Pd in un mondo che è completamente cambiato”. A calmare le acque il presidente Stefano Bonaccini per cui “ciascuno è libero di firmare o meno” i referendum Cgil invitando piuttosto a concentrarsi sulle battaglie che il Pd sta portando avanti, a partire dal salario minimo. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria da parte della Cgil: come ha chiarito la segretaria Elly Schlein, il partito non si schiera su autonome iniziative di altri, ma si unisce sulle nostre battaglie da portare in Parlamento e davanti ai cittadini”.

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