Barillari al “Secolo”: «M’ha dato tre pugni in faccia, se ero più grosso mi difendevo, ma Depardieu è una montagna»

22 Mag 2024 15:48 - di Priscilla Del Ninno
Barillari

Via Veneto ieri, come negli anni più tosti e vividi della “Dolce vita”. Crudi quanto immaginifici, su cui si sono fatte e rotte le ossa quelle figure mitologiche entrate nell’immaginario al pari dei divi del cinema a cui cercano di strappare segreti, reazioni, smorfie e sorrisi: i paparazzi. Un termine che evoca scenari in bianco e nero e attrici in voga, ora scollate, ora impellicciate, immortalate in tutto il loro potenziale divistico. Soprese al braccio dello scandalo di turno, nello scoop di una serata di polvere di stelle e strascichi di gossip. Eroi dell’occhio indiscreto, i paparazzi, che il film di Fellini ha eretto a simbolo, concretizzato in una parola d’autore grazie a uno dei suoi film più celebri e amati: La dolce vita del 1960. Un ruolo e un potenziale mediatico, quello del paparazzo, che Rino Barillari – uno dei più celebri, apprezzati e rinomati di sempre – ha incarnato a pieno. Nobilitato. Valorizzato. Rendendolo negli anni, a suon di scoop incredibili e di foto d’autore, una figura rispettabile, irrinunciabile e incredibilmente prolifica del fotogiornalismo italiano.

Intervista a Rino Barillari, re dei paparazzi, habitué della Dolce vita romana

Eppure, il blasone di una carriera più unica che rara come quella di Barillari non è bastata a contenere l’irruenza di Depardieu. Ed è lo stesso fotografo romano a raccontarci dinamica e degenerazione di quanto accaduto ieri all’Harry’s Bar di Via Veneto a Roma intorno alle 14.00, quando “il Maestro” del Messaggero ha intercettato la star francese a pranzo con degli amici e una «bellissima ragazza». «È l’ora di pranzo quando mi arriva la telefonata che mi avvisa che Depardieu è a un tavolo del ristorante del noto locale di Via Veneto e, trovandomi nelle vicinanze – ero a Piazza San Silvestro – decido di avviarmi a piedi (visto che c’era lo sciopero dei taxi). Appena arrivo sul posto, scatto qualche foto da lontano e aspetto che finisca il pasto per avvicinarmi e fare qualche altra foto più da vicino».

«M’ha dato tre pugni in faccia, se ero più grosso mi difendevo, ma quello è una montagna»

«Lui si mostra contrariato, la sua ragazza altrettanto: e si avventa subito contro di me, tentando di strapparmi dalle mani la macchina fotografica. A quel punto interviene lo stesso Depardieu che mi sferra tre pugni in faccia e mi manda in ospedale. Ancora mi fa male la testa oh, mica ho più 15 anni, ce ne ho 79», commenta Barillari ancora dolorante per l’aggressione subìta, mentre riavvolge idealmente il nastro – o il rullino – di una carriera lunghissima e piena zeppa di scatti memorabili. Un’esperienza professionale e un vissuto, i suoi, che ieri sono inciampati nell’ira funesta della star francese e della compagna, che ha tentato di bloccare il fotografo romano, afferrandogli un braccio mentre Depardieu lo ha colpito con tre pugni al volto e lo ha scaraventato a terra. «Io se ero più grosso mi difendevo, ma quello è una montagna… E ci sono i testimoni che hanno visto tutto: ho fiducia nella magistratura che farà il suo corso».

La vita difficile dei paparazzi, Barillari: «Solo chi ha ancora un po’ di cervello rischia. Ma siamo rimasti in pochi»

Una vita difficile quella dei paparazzi, da sempre e sembra di poter dire, indefinitamente. Mode spettacolari e epopee mediatiche si susseguono. Si alternano. Eppure  diffidenza e irruenza contro i paparazzi non cambiano. Siamo tornati alle origini, o non sono mai passati i “bei tempi” delle reazioni scomposte, quando non violente? «Io questo non saprei dirlo… So però che quando sai della presenza di un attore famoso, in compagnia di una bella donna, non puoi non andare… Che faccio, non scatto? Poi sai, dipende sempre dalle persone, dalle loro reazioni… Certo, il mondo è cambiato: anche la fotografia reale di una persona, di un contesto, della società nel suo essere e apparire, sono filtrate da un telefonino. E solo chi ha ancora un po’ di cervello e di amore per la realtà così com’è, rischia. Ma siamo rimasti in pochi…».

Ruolo e lavoro dei paparazzi? Non sono mai cambiati. Ma i tempi…

Ma allora, come sono cambiati il ruolo e il modo di agire di un paparazzo, se sono cambiati? «Mi sento di dire che non sono cambiati. Guarda, dico una fesseria ok? Tu sai che a pochi passi da te hai Depardieu con questa ragazza bellissima, magari incinta: è un colpo sensazionale. Un mirino che va centrato nel teleobiettivo. Tu le foto le fai, fai dei servizi che possono servire ai settimanali, non a me che li rilancio. Ma alla notizia che va divulgata. E allora è un po’ come quando vai in chiesa: mica preghi per un solo Santo, ce ne stanno 50 e ne scegli uno. Ma il motivo da cui tutto ha origine non puoi ignorarlo o tacerlo». Certo, novità a parte, è stato un ritorno al passato sulle orme dei più rinomati “bei tempi”… «Purtroppo sì, che ci vuoi fare…».

Barillari, una carriera stellare tra miti e reazioni di fuoco

The show must go on. È lo stesso Barillari a ribadirlo. Lui, le cui prime foto vengono scattate da ragazzino che a 14-15 anni si tuffa nella Dolce Vita di Roma e pesca a piene mani: da Liz Taylor a Jackie Kennedy. Da Brigitte Bardot a Ava Gardner. Passando per Marlon Brando e i Beatles, e ovviamente per Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Frank Sinatra. Un elenco interminabile di volti e storie, il suo album professionale. Un racconto dello show business e delle notti romane “stellari” e uniche. Con qualche imprevisto, ogni tanto. Come la reazione poco urbana di Peter O’Toole. Ma gli anni passano. Le ferite si cicatrizzano. I ricordi affievoliscono dolori fisici e delusioni professionali. I personaggi cambiano. Ma Barillari e la sua macchina ci sono sempre, Dolce Vita o no.

Barillari non si arrende, né al tempo, né alle botte

Ed ecco allora gli scatti che catturano sguardo e pensieri di Michael Jackson e Sylvester Stallone, Bruce Willis e Barbra Streisand, Madonna e Lady Gaga. Qualcuno si sorprende. Qualcun altro si arrabbia. Altri ancora mandano avanti le guardie del corpo. Uno scatto top può costare un pugno o uno spintone. Le visite al pronto soccorso – come le macchine fotografiche sacrificate – ormai non si contano più, e si confondono nella memoria storica tra ferite di guerra e danni collaterali subìti in azione. Oggi, con Depardieu, un altro colpo. E la guerra continua a sferrarne ancora e ancora. Con tanto di ricoveri e prognosi. Ma professionalità e motivazione, ego e perseveranza, quelli no: almeno nel caso di Barillari, non si scalfiscono. Nemmeno il tempo o una montagna come Depardieu possono farlo…

 

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