Terrorismo, a Roma 53 moschee abusive. Almeno la metà è considerata a rischio medio o alto

19 Apr 2024 13:33 - di Natalia Delfino
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Sono nascoste in capannoni, garage, seminterrati, talvolta in appartamenti. Sono le 53 moschee abusive della Capitale, mappate dal ministero dell’Interno nell’ambito delle azioni messe in atto per l’innalzamento dell’allerta sul terrorismo di matrice islamica. In una mappatura di una decina di anni fa l’antiterrorismo ne aveva individuate trenta.

A Roma mappate 53 moschee abusive

È oggi Il Tempo a svelare l’esistenza del censimento, che punta a tenere sotto controllo luoghi considerati ad alto rischio di radicalizzazione e in cui, è il timore, si possono annidare i “lupi solitari”. Luoghi, svela il quotidiano, “costantemente monitorati dalla nostra intelligence”. Al momento il censimento del Viminale ha certificato “l’esistenza di 53 moschee abusive, rispetto alle 30 censite dieci anni fa dall’Antiterrorismo, che in un dossier aveva rivelato come fossero almeno un centinaio le realtà di preghiera illegali da portare alla luce”. Nulla a che vedere, naturalmente, con la Grande Moschea di Roma, centro culturale e di preghiera, di grande prestigio e altissimo valore anche nel dialogo interreligioso.

Il lavoro di Viminale e intelligence

“L’intensificazione dei controlli e le indagini sempre più stringenti, grazie alle relazioni investigative degli 007, hanno portato ora – scrive Rita Cavallaro, che firma l’inchiesta “Roma caput Islam” – a raddoppiare il numero dei centri culturali censiti, puntando i riflettori sulla galassia, rimasta per anni nell’ombra, di imam integralisti e predicatori di odio, disposti a tutto pur di portare avanti quella missione contro l’Occidente infedele, tentando di inculcare nelle menti dei più giovani e delle seconde generazioni la dottrina fondamentalista del martirio al grido di Allah akbar”. L’allerta delle nostre forze dell’ordine è massima e “gli approfondimenti dell’Antiterrorismo sono proiettati a 360 gradi e includono lo scandaglio a raggi X del dark web, le intercettazioni e perfino il controllo dei testi nelle moschee abusive”.

Tre gradi di classificazione sulla scala del rischio di radicalizzazione

Secondo quanto riferito dal quotidiano diretto da Tommaso Cerno, oltre all’aspetto quantitativo, il censimento del Viminale si sofferma anche sulla possibile entità della minaccia connessa alle moschee abusive. I luoghi di culto islamici “sono suddivisi in tre gradi sulla scala del rischio di radicalizzazione terroristica: nessun rischio, mediamente a rischio e rischio maggiore. Almeno la metà dei centri islamici mappati vengono costantemente tenuti sotto osservazione, perché considerati a medio e alto rischio”, si legge nell’articolo, che spiega come a Roma “dal minareto della Grande Moschea, un modello di integrazione, si passa infatti al seminterrato della Al-Huda di Centocelle, la seconda moschea romana ritenuta dall’intelligence a rischio infiltrazioni degli integralisti islamici. Fino ad arrivare alla sala di preghiera di Ostia, finita anni fa sotto i riflettori degli inquirenti per la figura dell’imam, ripreso dalle telecamere nascoste delle Iene mentre pronunciava un discorso pericoloso e non condannava moralmente gli attentati contro gli infedeli”. La propaganda jihadista, comunque, oggi è monitorata: “Oltre al monitoraggio dei soggetti più attenzionati e alle microspie nelle sale islamiche, la Questura attua anche una revisione dei testi religiosi, quelli che vengono letti dagli imam durante la preghiera del venerdì. Ma solo dopo la traduzione e l’approvazione di un funzionario di polizia”.

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