L’intervista. Antonella Mattei: “Stiamo tornando agli anni ’70. Io che ho subito la violenza dico: non insegnatela ai ragazzi”

2 Apr 2024 15:30 - di Annamaria Gravino
antonella mattei

“Stiamo tornando agli anni Settanta, questo è quello che succedeva alla sezione di Mario Mattei”. Antonella Mattei di Mario Mattei, lo storico segretario della sezione del Msi di Primavalle, è la figlia. Come il padre, come la madre Anna, come le sorelle e il fratello è stata vittima sopravvissuta del più efferato omicidio di quella stagione d’odio: il rogo di Primavalle, nel quale morirono bruciati vivi i suoi fratelli Stefano e Virgilio, di 10 e 22 anni, “rei” di essere i figli di Mario. La notizia dell’attentato alla sezione di FdI di Rieti raggiunge Antonella mentre già si appresta a partecipare, come ogni 16 aprile, alle commemorazioni istituzionali e politiche dei fratelli, in quella stessa via Bernardo da Bibbiena in cui, 51 anni fa, trovarono la morte per mano dei militanti di Potere operaio di Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo.

Antonella, che effetto le ha fatto sapere dell’attentato incendiario alla sede di FdI di Rieti?

Mi ha indignato e preoccupato. Voglio esprimere la massima solidarietà a FdI. Anche la sezione di mio padre veniva sistematicamente incendiata. Siamo ancora là, ancora a questo.

Ancora o di nuovo?

Ancora. Noi siamo andati avanti, loro sono sempre rimasti fermi lì. Noi parliamo di pacificazione, loro non fanno mai un passo avanti. E in più adesso sono anche più incattiviti, perché la destra è al governo. Non mi piace quello che vedo e quello che sento.

A cosa si riferisce?

A Raimo, alla Di Cesare, ma cosa insegnano questi? Una professoressa che dice che la lotta della Balzerani è la stessa sua. Ma la Balzerani andava ad ammazzare la gente! Siamo tornati a vivere una fase in cui sembra che uccidere una persona sia un fatto effimero. Poi ci lamentiamo che i giovani sono violenti. Io ci parlo coi giovani, ma proprio perché ho subito la violenza non insegno la violenza. Li invito a riconoscere le differenze, accettare il fatto che una persona la può pensare in modo diverso senza doverne per forza condividere le idee.

Citava anche Raimo…

Ho letto questo trafiletto in cui si riferiva che, per difendere la Salis, aveva detto che picchiare i neonazisti va bene. Mi sembrava incredibile, poi ho scoperto che l’ha detto davvero. Io penso che lo Stato debba fare tutto quanto in suo potere per riportare la Salis in Italia, umanamente auspico che la sua vicenda si risolva nel miglior modo possibile e sinceramente non credo neanche che la sinistra, andando lì, la aiuti. Detto ciò, però, voglio anche dire che dobbiamo essere coscienti della violenza, di ciò a cui si va incontro giustificandola. Io mi auguro che lei lo abbia capito. Però, non capisco come a una persona, a un insegnante come Raimo, possa venire in mente di dire una cosa del genere. Ma perché non insegnano il rispetto, invece di provare a inculcare le loro idee? Queste idee violente. Noi di destra ci dobbiamo sempre redimere non si capisce da cosa e questi dicono che la gente va picchiata ed è tutto a posto. D’altra parte, anche su questo dimostrano di essere fermi a cinquant’anni fa.

Parla dei “cattivi maestri”?

Sì, e guardi che la faccenda è più subdola di come si pensi. Ci sono questi qua, che dicono quelle cose. Ci sono Piccioni e Scalzone che ancora l’anno scorso, nel cinquantenario della morte dei miei fratelli, parlavano del Rogo di Primavalle come di un incidente, di un fatto in cui non c’era una violenza intenzionale. Ma io non posso dimenticare neanche quella maestra che a scuola mi faceva mettere in piedi sulla sedia e mi faceva cantare “Bella Ciao”, dopo che avevo vissuto quello che avevo vissuto.

Scusi, dopo la morte dei suoi fratelli?

Sì, dopo la morte dei miei fratelli. Loro sono stati uccisi ad aprile e questo succedeva a ottobre, nella nuova scuola. E la maestra lo sapeva. Non era violenza quella? Non è violenza voler inculcare per forza le proprie idee ai ragazzini? Nella nostra storia c’è già tutto, i docenti dovrebbero ascoltare i ragazzi, bisognerebbe spingerli a riflettere, non cercare di indottrinarli su presupposti ideologici, che poi spesso portano con sé anche il seme della violenza. Poi però se alla commemorazione dei nostri ragazzi uccisi si fa il saluto romano succede un casino.

Lei difende il Presente?

Io difendo il diritto di ricordare i nostri ragazzi, senza che ci siano strumentalizzazioni pretestuose. Lo sanno tutti che il rito del Presente col fascismo non c’entra niente. E guarda caso quando governava la sinistra si faceva senza i problemi che ci sono adesso. Io vorrei che per Virgilio e Stefano non si offrisse il pretesto per strumentalizzazioni. Vorrei che il 16 aprile si parlasse di loro, che la sinistra parlasse di quanto brutale e disumano fu il loro assassinio, di quanto odio ci fu nei confronti di una famiglia del popolo per il solo fatto che era missina. Vorrei che nessuno più si permettesse di parlare di “incidente”, che le condanne fossero per questo, non per un ragazzino che ha fatto il saluto romano a una commemorazione e magari poi viene anche denunciato.

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