Caporalato nei campi, arrestati 10 pakistani. Lollobrigida: “Nessuno spazio per chi non rispetta le regole”

29 Apr 2024 14:36 - di Redazione
caporalato

Maxi operazione contro il caporalato in provincia di Livorno, dove dieci cittadini pakistani sono stati arrestati con l’accusa di sfruttare migranti, per lo più loro connazionali e bengalesi, ospitati nel centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Piombino. Le vittime individuate sono state 67, lo sfruttamento avveniva nel settore agricolo in diverse province della Toscana, dove erano costrette a lavorare nei campi anche per 10 ore al giorno con paghe misere. “In Italia non c’è spazio per chi vuole operare fuori dalle regole“, ha commentato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, rivolgendo “un plauso ai Carabinieri del comando di Livorno per l’operazione”, che gli investigatori hanno chiamato “Piedi scalzi”.

Lollobrigida: “In Italia non c’è spazio per chi non rispetta le regole”

“L’impegno del governo Meloni per combattere lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agricolo è una priorità, come dimostra il primo provvedimento che ho firmato subito dopo il mio insediamento al Ministero. Ringrazio la magistratura e le Forze dell’ordine per il loro incessante lavoro che qualifica la nostra battaglia per sradicare lo sfruttamento e il caporalato dalla nostra Nazione”, ha concluso il ministro. I dieci pakistani, regolari sul territorio nazionale, sono ritenuti responsabili a vario titolo e in concorso tra loro di condotte riconducibili al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cosiddetto caporalato. L’indagine, condotta tra maggio 2023 e febbraio con pedinamenti, intercettazioni e acquisizione di documenti, è stata realizzata dai carabinieri della compagnia di Piombino con il nucleo carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro, coordinati dalla Procura di Livorno.

Contro i dieci pakistani arrestati per caporalato “gravi indizi di colpevolezza”

In particolare l’attività ha consentito di acquisire, ha spiegato l’Arma dei carabinieri in un comunicato, “gravi indizi di colpevolezza a carico dei destinatari della misura, di età compresa tra i 30 e i 56 anni, posti in essere in maniera continuativa durante tutto il periodo delle indagini, nonché dalla personalità degli indagati, i quali hanno dimostrato una particolare inclinazione a delinquere, persistendo nelle condotte delittuose, attuate con modalità organizzate e quindi assai allarmanti, i quali disponevano quotidianamente di stranieri impiegati in maniera irregolare”. Le indagini hanno accertato la sussistenza di tre distinti gruppi dediti al reclutamento ed il prelevamento presso il Centro di accoglienza straordinaria “Le Caravelle” di Riotorto di 67 ospiti richiedenti status di protezione internazionale di rifugiati ovvero di beneficiari di protezione sussidiaria o umanitaria, di nazionalità pakistana e bengalese, in grave stato di bisogno, per poi sottoporli a condizioni di sfruttamento.

Paghe da fame e nessun diritto

L’inchiesta, inoltre, ha ricostruito il modus operandi relativo all’individuazione, al trasporto, all’impiego e al controllo delle vittime in aziende agricole nelle province di Livorno e Grosseto, e anche le modalità di reclutamento che avveniva, non sulla base di eventuali capacità o competenze personali, ma esclusivamente in termini quantitativi ovvero sul numero di lavoratori richiesti per le diverse attività agricole. I carabinieri hanno riscontrato che i migranti erano costretti a turni anche di oltre 10 ore, che si protraevano dalle prime luci dell’alba fino al tardo pomeriggio, con retribuzioni che in alcuni casi arrivavano a essere inferiore all’euro, venivano corrisposte anche con un ritardo di tre mesi o non corrisposte affatto, “nonostante lo stato di bisogno delle famiglie dei lavoratori”. Di ferie o contributi neanche a parlarne e perfino la possibilità di andare al bagno non era scontata.

Per continuare a leggere l'articolo sostienici oppure accedi