L’intervista. Parsi: “Non sono elezioni, non c’è stata scelta: la Russia di Putin è come Matrix”
“Intanto non bisognerebbe chiamarle elezioni, perché le elezioni presuppongono la possibilità di scegliere, che non c’è stata”. Il politologo Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano, inizia la sua analisi del voto in Russia da questo presupposto e la prosegue avvertendo che “noi ci ostiniamo a chiamarla democratura, ma in Russia – precisa – non c’è una democrazia imperfetta. C’è invece un totalitarismo perfetto“.
Professore, come vanno letti dunque i dati di affluenza e preferenze record registrati in Russia?
Attraverso il contesto, che fa una differenza sostanziale. Tutti abbiamo visto le immagini di schede aperte dentro urne trasparenti che consentivano di leggere il voto, i soldati che entravano nelle cabine mentre la gente votava. Conosciamo il contesto in cui tutti i potenziali disturbatori sono stati squalificati dalla commissione elettorale e il principale leader della Russia che si oppone a Putin, Navalny, è stato assassinato sotto elezioni. Quindi, vanno lette inquadrandole nel fatto che il plebiscito è stato creato da un regime autoritario, dopo 25 anni di potere assoluto. Molte persone hanno conosciuto solo il putinismo e comunismo, salvo la brevissima parentesi di Eltsin. Sono completamente condizionate nel loro modo di pensare e interpretare la realtà.
Esiste una possibilità di scalfire questo sistema?
Putin ha un potere saldo sulla Russia, la sua figura è stata ben definita da Yulia Navalnaya: è un mafioso. Ha costruito un sistema politico di arricchimenti illeciti. Ai russi sta bene tutto questo? Non lo sanno, viene fatto loro credere che il poco che sanno sia il prezzo inevitabile della stabilità. Noi sappiamo, avendo avuto alle spalle una lunga stagione di corruzione, che la corruzione non è mai un prezzo inevitabile per la stabilità, che semmai è vero il contrario. La presa di potere di Putin sulla Russia è come un accampamento di razziatori, depreda il Paese. Questo è Putin per la Russia, poi lui è capace di far credere di essere il difensore della patria russa, ma quando si hanno tutti i mezzi di informazione, tutte le leve economiche, quando si opera il killeraggio politico degli avversari, in senso letterale, con le pallottole, di cosa stiamo parlando?
C’è una possibilità reale che le elezioni siano dichiarate illegittime, come chiedono non solo gli oppositori e Zelensky, ma anche Paesi come la Polonia o l’Estonia?
Ma noi già non le riconosciamo, le consideriamo una farsa. Questo non toglie che Putin se ne freghi. I russi sono stati avvelenati progressivamente in 25 anni, vivono una realtà parallela convinti che sia reale. La Russia di Putin purtroppo ricorda certi film distopici, è come Matrix. Qui sono passati dalla matrioska a Matrix.
Cosa bisogna aspettarsi ora rispetto all’Ucraina?
I risultati li stiamo già vedendo. Matteo Salvini ha subito detto che il voto ha valore in sé per sé, che il popolo ha sempre ragione. Tutte le quinte colonne di Putin faranno riferimento al consenso, ma la differenza sostanziale tra democrazie e non democrazie si gioca sulla competizione possibile, leale, trasparente con il potere. Tutte cose che in Russia non sono mai esistite. Putin è convinto di poter andare avanti a fare tutto ciò che ritiene opportuno, ma d’altra parte già sapevamo da due anni a questa parte che non aveva nessuna vera volontà di trattare, che vuole solo il riconoscimento del fatto compiuto, che è esattamente quello che noi non riconosceremo mai.
Qual è lo scenario più preoccupante che lei immagina?
Quello per cui i Paesi europei e gli Stati Uniti dovessero smettere di sostenere l’Ucraina. Purtroppo nei Paesi Ue abbiamo quinte colonne come Orban e negli Usa c’è il rischio di un ritorno Trump, una cosa terribile, ma anche la dimostrazione che quella è una democrazia talmente competitiva da consentire che un suo sovvertitore possa correre per la presidenza. Dal punto di vista russo mi aspetto che continuino a fare quello che fanno da due anni: minacciare la fine del mondo, fare la faccia brutta nei nostri confronti per intimidirci mentre proseguono con la violenza barbara contro l’Ucraina.
Cosa pensa delle fughe in avanti di Macron?
Che Macron ha commesso un errore a esordire in solitaria su un tema così scottante come la possibilità dell’invio di truppe Nato in Ucraina. Noi sappiamo tutti benissimo che, se i Paesi occidentali avessero risposto con maggiore fermezza e tempestività all’inizio della guerra, questa avrebbe avuto un esito diverso, ma c’è stato un errore clamoroso di valutazione sulla capacità della resistenza ucraina sia da parte degli Usa sia da parte dell’Ue. Oggi, come è stata messa da Macron, è molto controversa, ma lui ha detto una cosa giusta: dobbiamo sostenere l’Ucraina senza dire al nostro nemico quale linea rossa non varcheremo mai. Farlo si chiama regalo. Putin continua a mischiare le carte, cerca di confondere l’avversario, non si capisce perché noi fin dall’inizio gli abbiamo dato una serie di rassicurazione che non hanno contribuito a rabbonirlo, semmai hanno avuto l’effetto contrario. All’inizio della guerra si poteva dichiarare una no fly zone da Kiev al confine polacco o schierare truppe nella parte occidentale mentre la Russia faceva il suo ingresso in quella orientale, mettendo in sicurezza una parte dell’Ucraina senza avere contatto diretto con le truppe russe. Ma per fare questo serviva una leadership con più coraggiosa, tutto sommato anche per preparare l’opinione pubblica non alla guerra mondiale o alla fine del mondo, ma alla prospettiva che qualcuno che minaccia con la forza va dissuaso con la deterrenza di un’altra forza. Questo non significa precludere la via diplomatica, questo è uno strumento della diplomazia. Basta guardare alla Guerra Fredda e ricordarselo.