Cinema, abbiamo pagato 3 milioni i flop di Ginevra Elkann: così funzionano i finanziamenti tanto cari a sinistra

23 Mar 2024 17:01 - di Redazione
Ginevra elkann

Ecco come funzionano i finanziamenti al cinema tanto cari alla sinistra. Parliamo del caso di Ginevra Elkann. La figlia di Alain Elkann e Margherita Agnelli, sorella di John e Lapo, ha ottenuto dall’ex ministro della Cultura Franceschini la bellezza di 3 milioni di euro per finanziare i suoi film che hanno reso pochissimo. Dei flop insomma. Lei è una regista, donna cosmopolita, viaggia tra Londra, Brasile, Parigi. Ora balza sotto i riflettori non solo per il romanzo a puntate dell’eredità Agnelli, ma per un altro motivo:  Lo Stato italiano – riporta il sito Affaritalaini. it  – si è “svenato” per lei, ha speso quasi 3 milioni di euro, (per essere precisi, 2.828.044,32 euro) per finanziare le sue non certo indimenticabili pellicole:  “Magari” e “Te l’avevo detto“.

Quasi 3 milioni per i film di Ginevra Elkann, che hanno reso appena 130mila euro

L’ex ministro Franceschini per finanziare Ginevra Elkann ha dato al primo film poco più di un milione di euro.  Ma ha avuto la sfortuna di finire nelle sale cinematografiche nel pieno della pandemia da Covid, l’incasso è stato solo di 12mila euro. Poi la pandemia è cessata ed è uscita la sua seconda opera. Ma anche il suo secondo film è stato un insuccesso, incassando appena 117mila. Una débacle per l’industria cinematografica: ha ottenuto soldi pubblici per 2,8 milioni di euro, ma portando nelle casse dello Stato appena 130mila. La sinistra non è nuova a queste follie: sono sempre stati prodighi nel ricoprire d’oro film di registi “amici” , salvo poi passare sopra con disinvoltura ai modesti incassi e sparuti spettatori nelle sale. Così l’ereditiera di casa Agnelli ha ottenuto finanziamenti statali per le sue due opere da regista il cui ricavato è da dimenticare, stando alle proporzioni.

I flop dei film della Elkann sono costati cari allo Stato…

Non solo, ci racconta Francesco Specchia su Libero: “Le due case di produzione di proprietà della terzogenita Elkann, “Asmara Films” e “The Good Films” – socio Lapo, almeno per un po’ – non sono mai state un grande esempio imprenditoriale, anzi; epperò hanno beneficiato di più di 300mila euro tra sviluppo, produzione e distribuzione delle pellicole insieme ad altre aziende del settore”. Qusto  modus operandi che certo non riguarda solo l’illustre Elkan è per fortuna finito. Ricordiamo che l’ex ministro Franceschini, il “competente”,  fu colui che non dette i fondi al film della Cortellesi, giudicandono non all’altezza. Il ministro Sangiuliano ha voluto approfondire questa diseconomia sottesa al sistema dei finanziamenti pubblici cinematografici. E’ andato a vedere le carte e ha fatto un scoperta sconcertante:

Urge una revisione dei finanziamenti pubblici al Cinema

“Negli ultimi 4 anni, la loro diffusione si è accompagnata da pagamenti milionari ai registi, e dall’uso incontrollato del Tax credit: ossia di un credito pari al 40% dei costi ammissibili di produzione (per quelli non indipendenti, il credito è del 25%). Che, di per sé sarebbe un’agevolazione giusta – scrive Specchia- ma la sua quadruplicazione rispetto al 2019 induce più d’un sospetto. Inoltre, spicca, appunto quella faccenda delle pellicole destinatarie di grossi fondi. Ma che, proiettate in sala per un numero limitato di giorni si pregiano di un pubblico di pochi appassionati, in alcuni casi dalle 14 alle 30 persone”.

Alcuni film hanno avuto dalle 14 alle 30 persone in sala”

Che dire? Che certo urge una revisione. “Comunque – conclude Libero-  il fatto che siano sotto l’occhio della Guardia di Finanza almeno una ventina di opere con budget curiosamente elevati nonostante il formale rispetto dei requisiti tecnici; be’ è senz’altro il preludio del cambiamento. L’idea, credo, del governo sia quella di azzerare “l’effetto Terrazza alla Ettore Scola”, il luogo del potere dove l’amichettismo culturale della sinistra descritta da Fulvio Abbate trovava le via dell’arte e dell’arte del finanziamento sodale, più che solidale”.

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