Rigopiano, la sentenza d’appello aggiunge 3 condanne. L’ira dei familiari: una pagliacciata, solo un contentino
Sono trascorsi sette anni dal giorno in cui quella terribile valanga travolse l’hotel Rigopiano e spezzò la vita di 29 persone: sette anni di sgomento e di interrogativi in attesa di risposta, segnati dal dolore e dalla speranza di arrivare a fare piena luce e giustizia su una tragedia che sconvolse l’Abruzzo e l’Italia intera. Oggi, per quella strage, arriva una sentenza parzialmente riformata in Appello: l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, assolto in primo grado, è stato condannato a scontare un anno e otto mesi per depistaggio. Per l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco la Corte ha disposto una condanna di un anno e 4 mesi, mentre per il tecnico del comune di Farindola Enrico Colangeli la pena comminata è di due anni e 8 mesi. Entrambi erano stati assolti in primo grado. Sono in tutto 22 le assoluzioni.
Rigopiano, la sentenza d’Appello riformula ma non affonda il colpo: 3 nuove condanne e 22 assoluzioni
Al termine di 5 ore di camera di consiglio, dunque, il presidente del collegio giudicante, Aldo Manfredi ha impiegato 20 minuti per leggere il dispositivo della sentenza d’Appello sulla tragedia dell’albergo di Farindola. La struttura distrutta da una valanga il 18 gennaio 2017, quando morirono 29 persone, e furono 11 i sopravvissuti. E allora, è di otto condanne (tre in più rispetto alla sentenza di primo grado dello scorso anno) e 22 assoluzioni il verdetto della Corte d’Appello dell’Aquila. Oltre ai casi già citati, i giudici hanno confermato le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio. Per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso.
Rigopiano, il fratello di una delle 29 vittime: «Forse si intravede una luce di verità»
Un verdetto, questo d’appello pronunciato nell’aula magna del tribunale dell’Aquila, accolto in maniera contrastante dai familiari delle vittime. Tra loro, c’è stato infatti chi, come Alessandro di Michelangelo, fratello di Dino, morto nella strage di Rigopiano, ha commentato favorevolmente la sentenza che, a sua detta, quantomeno «ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità».
Il papà di Dino, morto sotto la valanga: «Non è una sentenza, ma una pagliacciata»
Di segno diametralmente opposto, invece, il parere di Alessio Feniello, padre di Stefano, morto a 28 anni nella valanga che il 18 gennaio 2017 travolse e uccise 29 persone. «Questa non è una sentenza, è una pagliacciata – ha tuonato l’uomo -. Oggi è stato confermato quanto fatto a Pescara, non me lo aspettavo. Sono deluso. Di certo ricorreremo in Cassazione», ha annunciato Feniello. Aggiungendo in calce: «Con tre nuove condanne, misere, ci hanno dato un contentino. Se rubi una gallina in questo paese ti fai 10 anni di carcere. Se ammazzi 30 persone resti libero. Che messaggio passa? Che puoi uccidere e passarla liscia?».
L’avvocato delle Parti civili: 22 proscioglimenti dimostrano lacune nell’impianto accusatorio
La sentenza di primo grado
Per un utile raffronto, allora, ricordiamo che il primo grado del processo per la strage di Rigopiano si era chiuso con 5 condanne e 25 assoluzioni. C’era stato caos in aula dopo la lettura della sentenza nell’aula del Tribunale di Pescara. In particolare era stato assolto l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo. E insieme a lui anche l’ex presidente della provincia Antonio Di Marco. Al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta erano stati comminati 2 anni e 8 mesi.