Lo stupro di Catania, cominciano le lacrimucce. La legale di uno del branco: “Lo definirei una persona dolce”

5 Feb 2024 17:24 - di Redazione

A Catania sono iniziate le udienze di convalida dei fermi di quattro dei sette egiziani che hanno compiuto la violenza sessuale di gruppo ai danni di una 13enne nella Villa Bellini, sotto gli occhi del fidanzato.

Sono arrivati in Sicilia con i barconi

I componenti del branco sono arrivati in Sicilia tra il novembre del 2021 e il marzo del 2023, con i barconi.  Non potendo essere espulsi perché non avevano ancora 18 anni — la legge lo vieta — sono finiti nei centri per minori stranieri non accompagnati. Due dei sette indagati hanno collaborato con gli investigatori. Non avrebbero violentato la vittima, ma hanno certamente assistito allo stupro e, come gli altri, sono accusati di violenza sessuale di gruppo. La ragazzina ha raccontato che quelli che non l’hanno violentata incitavano i due stupratori. Ma ora, ovviamente, sono tutti pentiti e pieni di rimorsi…

Nella comunità dove alloggiano li considerano “bene inseriti”

Il Corriere ci racconta in termini quasi idilliaci il percorso in Italia di quello di 19 anni che dopo lo stupro ha raccontato tutto all’operatore del centro dove alloggia e poi ai carabinieri. E scrive che i sette erano “insospettabili”. Uno di loro davanti al giudice ha pianto. Ha detto che non c’entrava nulla. Ma i due ragazzini aggrediti raccontano il contrario: anche lui incitava il branco.

“La struttura di Catania – scrive il Corriere – è la sua prima casa in Italia. È lì che ha frequentato corsi di italiano e avrebbe a breve dovuto cominciare i laboratori formativi a cui seguono i tirocini, una porta concreta per l’accesso al lavoro. Generalmente i ragazzi vengono poi mandati in aziende che si occupano di ristorazione, edilizia o turismo. Il permesso di soggiorno rilasciato ai minori gli era scaduto ed era in attesa che fosse convertito in permesso studio-lavoro. Il tribunale aveva già espresso parere favorevole. Non parla benissimo italiano e il suo racconto della sera dello stupro è stato tradotto agli investigatori da un mediatore culturale”. Il secondo che era con lui lavora nell’edilizia.

L’avvocata di uno del branco: è un ragazzo dolce…

«Quel che è accaduto ci ha sconvolti — racconta sempre al Corriere l’avvocata Angela Pennisi, responsabile Area legale immigrazione della comunità — Il ragazzo mantiene il legame con la sua la famiglia di origine, ha partecipato alle attività della parrocchia e di animazione e ai laboratori di fotografia… È un giovane che ha mostrato sempre desiderio di impegnarsi, dando buoni riscontri. Lo definirei una persona dolce». Una persona dolce, vabbè…

“Io non c’entro nulla”. “No, anche lui incitava”

La vittima ha riconosciuto i due violentatori, gli altri aggressori li ha riconosciuti senza tentennamenti il suo fidanzato. Un racconto ricco di dettagli: qualcuno rideva, qualcuno incitava i violentatori, qualcuno guardava in silenzio. Nel gruppo c’era anche il 19enne che venerdì mattina, dopo i primi controlli, ha avvicinato un operatore della sua comunità e ha detto in lacrime: «Io non c’entro nulla con quella storia, sono rimasto a guardare, ma posso dirvi chi è stato». La ragazza e il suo fidanzato raccontano una storia diversa: «Anche lui incitava i violentatori». Così, pure il supertestimone è finito sotto accusa, è però agli arresti domiciliari.

 

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