Il ricordo di Tatarella al Senato, alla presenza di Mattarella (e senza retorica sul “ministro dell’armonia”)
Il “ministro dell’armonia”, certo. Il politico che faceva del confronto e del dialogo la sua cifra; che seppe immaginare e costruire una destra moderna, europea, occidentale, scevra da qualsiasi nostalgismo; il visionario; il lungimirante; l’uomo di partito che seppe farsi statista, comprendendo che un pieno protagonismo della destra nella vita istituzionale del Paese significava anche una piena maturità del nostro sistema democratico. Della personalità di Pinuccio Tatarella è stato ricordato tutto questo nella doppia cerimonia che si è tenuta al Senato in occasione dei 25 anni dalla scomparsa e alla quale ha presenziato, tra gli altri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma, come ha sottolineato il presidente della Fondazione An, Giuseppe Valentino, che Tatarella sia stato questo è storia arcinota, e pienamente presente nella memoria collettiva. Così in molti, soprattutto coloro che lo hanno conosciuto più da vicino e magari lo hanno avuto come mentore, di Giuseppe Tatarella, detto Pinuccio, hanno voluto raccontare la personalità potente, la battuta fulminante e l’autoironia, i modi energici, quei tratti talvolta bruschi che ne accompagnavano l’animo curioso e la mente intellettuale.
La battuta di La Russa: “Ministro dell’armonia sì, per gli altri…”
“Ministro dell’armonia sì, per gli altri”, ha scherzato il presidente del Senato Ignazio La Russa, esponente di quella classe dirigente cresciuta al fianco di Tatarella e “padrone di casa” nel duplice appuntamento di Palazzo Madama: l’annullo del francobollo celebrativo prima e poi il convegno promosso dalla Fondazione An, dalla Fondazione Tatarella e dal Secolo d’Italia. “L’annullo di un francobollo consacra pubblicamente la figura di Tatarella come statista, come qualcuno che si è adoperato in modo significativo nella storia delle istituzioni italiane”, ha sottolineato Italo Bocchino, introducendo il primo incontro, al quale hanno portato il proprio contributo di memoria il ministro Adolfo Urso e il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri e il proprio saluto l’Ad del Poligrafico dello Stato Francesco Soro e il responsabile filatelia di Poste italiane Giuseppe Marchetti.
L’uomo delle istituzioni e il mentore di giovani parlamentari
“Tatarella è ovunque riconosciuto come un uomo delle istituzioni prima che come uomo di destra”, ha ricordato Urso parlando dell’annullo. Un riconoscimento che Gasparri ha definito “un piccolo monumento alla persona”. Tatarella era, ha aggiunto il senatore, una “personalità sorprendente”. Uno su cui si potrebbe anche “fare una fiction”, come ha confessato di sognare Fabrizio Tatarella nel suo intervento. A Gasparri si deve anche il primo aneddoto irriverente della giornata: quello su quando, giovane parlamentare, veniva spedito insieme ad altre nuove leve a coprire le sedute notturne in Commissione e “mai ci siamo permessi di discutere un emendamento o una indicazione. Stavamo lì, eseguivamo e imparavamo e di strada ne abbiamo fatta”. “Lo dico ai parlamentari al primo mandato: quando si dice una cosa, fatela e basta. Ce l’ha insegnato Tatarella!”, ha scherzato Gasparri, strappando una risata alla platea di una stipatissima Sala Maccari.
Tatarella e il giornalismo: palestra di idee e presidio di democrazia da difendere
Il secondo appuntamento si svolto nella Sala Koch, anch’essa al completo e popolata anche vari da ex parlamentari, fra i quali anche Gianfranco Fini. Al tavolo dei relatori: Maurizio Belpietro, Stefano Folli, Antonio Polito e Gennaro Sangiuliano. Tatarella, ha ricordato Belpietro, ha scritto molto. E credeva nella libertà di stampa: “Quando fu licenziato dal Tempo per ragioni politiche convocò una conferenza stampa, magari non faceva sit-in, ma – ha sottolineato il direttore de La Verità – sapeva bene cosa fosse la libertà di stampa e come difenderla”. Anche Sangiuliano, benché ministro, ha di fatto parlato da cronista. Di più, da cronista cresciuto proprio nelle testate fondate da Tatarella, che era un convinto assertore della “lezione di Croce sulla necessità di far precedere l’azione politica da quella culturale e intellettuale”. Sangiuliano ha ricordato che conobbe Tatarella da ragazzino, a una scuola di formazione. Pinuccio fu incuriosito dal fatto che avesse con sé il “Manifesto dei conservatori” di Prezzolini: “Tatarella – ha spiegato il ministro – amava Prezzolini per il suo anticonformismo e per il fatto che pensava a una grande destra europea”. Quella stessa apertura che seppe avere per il giovane lettore Sangiuliano, che ripensando all’amico e mentore si è commosso, Tatarella la sapeva avere per gli avversari politici, come Giuseppe Di Vittorio o Massimo Caprara, per i cambiamenti, per chi aveva qualcosa da dire.
La presenza di Mattarella: molto più di una cortesia istituzionale
“Tatarella fu l’artefice di un metodo politico di ascolto e mediazione, avendo sempre in testa il bene comune”, ha ricordato Polito. “Logica di sistema”, l’ha definita Folli, introducendo il tema della legge elettorale che ne porta il nome, Tatarellum, e che si comprende pienamente solo appaiandola a quel pressoché coevo Mattarellum che prende il nome del “più illustre ospite di questa giornata”, come ha detto qualcuno. “Le due leggi elettorali rispondevano a una nuova logica: alla spinta verso il bipolarismo, alla vocazione maggioritaria e alla stabilità”, ha ricordato Folli. Un legame antico, dunque, quello tra Tatarella e Mattarella, che fu già presente alla cerimonia per il ventennale della morte. “Voglio veramente ringraziare il presidente Mattarella, è un grande onore averla qui a ricordare un politico morto 25 anni fa, sono commosso e onorato, profondamente e sinceramente”, ha detto La Russa. “Quando eravamo nella fase del trapasso – ha raccontato il presidente del Senato – noi ragazzini, io e Maurizio, abbiamo fatto delle cene con Mattarella, abbiamo fatto delle cene per discutere del Mattarellum, cui seguì non a caso il Tatarellum”. “Attraverso quei primi passaggi si poteva immaginare una destra che avesse finalmente uno spazio, c’era l’esternalizzazione del Msi, non voglio usare altri termini”, ha detto ancora La Russa, citando poi “l’arco costituzionale”.
Quel giorno che Tatarella esclamò: “Per una volta che avevi ragione, non t’ho ascoltato!”
Erano gli anni post Tangentopoli, l’Italia stava cambiando in un mondo che a sua volta cambiava dopo la caduta del Muro di Berlino. Tatarella, è stato ricordato, aveva capito forse prima degli altri i mutamenti che si stavano mettendo in moto. È tornato con la memoria a quel periodo anche Valentino, che ha raccontato di quando Tatarella smorzò la sua intraprendenza nella discussione sul papabile ministro dell’Interno, individuato – ha lasciato capire il presidente della Fondazione An – in un esponente del pool di Mani Pulite. Lui si permise di suggerire un altro nome e Tatarella non ne fu, diciamo, particolarmente contento. Poi non se ne fece nulla e anni dopo Pinuccio, ormai provato dalla malattia, gli disse: “Per una volta che avevi ragione, non t’ho ascoltato!”.