L’intervista. Fidanza: “Giorgia candidata fa paura. In Europa l’obiettivo è frenare le isterie ideologiche”

22 Gen 2024 15:43 - di Annamaria Gravino
fidanza

Non solo non ci vede “una truffa”, come vanno dicendo alcuni, ma pensa che la candidatura dei leader di partito alle europee sarebbe “un grande esercizio di democrazia”. Carlo Fidanza è il capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, sulla eventuale candidatura di Giorgia Meloni non si sbottona e non lascia trasparire se sappia o meno qualcosa, ma si presta al ragionamento sul dibattito e di una cosa si dice certo: “Giorgia Meloni sarà comunque protagonista della campagna elettorale sia in Italia che in Europa, dove viene vista come il punto di riferimento dei Conservatori europei”.

Meloni si candida o no?
Attendiamo serenamente le sue valutazioni, che ovviamente non potranno prescindere dalla priorità assoluta che è la centralità dell’azione di governo.

Lei auspica che si candidi?
Naturalmente tutti noi saremmo felici e onorati di poter sostenere la nostra leader in campagna elettorale e certamente questo potrebbe portare un valore aggiunto al risultato della lista di FdI.

FdI in tutti i sondaggi è al 28-29%, dieci punti sopra il Pd. Secondo un sondaggio di questi giorni Meloni capolista vale 4 punti,  la candidatura di Schlein invece varrebbe lo 0.5%. La candidatura di Meloni è un tema solo per voi o lo è anche per l’opposizione?
C’è un timore da parte di altri leader di confrontarsi alle urne con Giorgia Meloni, perché se si candidasse in alcuni casi il confronto risulterebbe essere impietoso.

Faccia i nomi
Penso in particolare a Conte, che non solo ha annunciato che non si candiderà, ma ha dato il via al racconto di una eventuale candidatura dei leader come una truffa, mentre sarebbe un grande esercizio di democrazia. Quanto alla Schlein mi pare che la sua candidatura sia fortemente osteggiata all’interno sia dalle donne del partito sia dall’area che fa riferimento a Bonaccini. In ogni caso guardiamo con rispetto al dibattito che avviene nelle altre forze politiche, certamente sarebbe una bella sfida tra due donne leader.

Anche Salvini però ha annunciato che non si candiderà…
Ogni valutazione è legittima. Nel 2019 Salvini si è candidato capolista alle europee da vicepremier e ministro, può decidere di farlo ancora o di non farlo.

Un’affermazione di FdI alle europee particolarmente forte sarebbe un problema per il rapporto con gli alleati in Italia?
Non credo, la compattezza della maggioranza di governo non è in discussione. Il centrodestra non è un cartello elettorale che sta insieme per convenienze momentanee. È un’alleanza politica che proprio quest’anno compie trent’anni e che certamente non subirà contraccolpi da queste elezioni europee, così come non ne ha subiti in passato quando gli equilibri tra le diverse forze che lo compongono erano diversi.

Da tempo si parla di queste elezioni come cruciali per il futuro indirizzo dell’Ue. Le proiezioni sui seggi, allo stato attuale, benché registrino una forte crescita dei gruppi parlamentari di destra, però non garantiscono le condizioni per un sicuro cambio di maggioranza. La questione dell’Europa che verrà è numerica o politica?
Entrambe. Sui numeri sono molto fiducioso: lavoriamo per fare di Ecr il terzo gruppo più grande del Parlamento europeo e renderlo centrale per una nuova maggioranza di centrodestra, confinando finalmente la sinistra rossa e verde all’opposizione anche in Europa. Naturalmente la formula politica sarà da costruire, ma oggi è prematuro, lasciamo che i cittadini si esprimano. In fondo è un brutto vizio tipico della sinistra quello di pretendere di determinare l’esito delle elezioni prima che la gente. Ciò che è certo è che l’agenda politica della prossima Commissione e del prossimo Parlamento si sposteranno più a destra e che certi eccessi ideologici che abbiamo conosciuto in questi ultimi 5 anni in materie fondamentali come transizione ecologica, immigrazione e famiglia non saranno più possibili. Già negli ultimi mesi abbiamo avuto alcuni messaggi in questa direzione, penso al cambio di passo della Commissione sull’immigrazione, grazie all’iniziativa di Giorgia Meloni e del governo italiano, e penso ad alcune votazioni al Parlamento europeo sui dossier green nelle quali si è manifestata chiaramente una possibile maggioranza alternativa alla sinistra.

La sinistra ha promosso al Parlamento europeo un dibattito sull’allarme fascismo, che di fatto è andato deserto. Poi si sono ritrovati con le violenze dei centri sociali a Vicenza, sulle quali ancora manca una presa di posizione di Schlein. Pensa che ne trarranno le conseguenze o dobbiamo aspettarci che il tormentone fascismo continui per tutta la campagna elettorale?
Purtroppo è una costante della sinistra italiana preferire la fazione alla Nazione e gettare discredito sul nostro Paese per mero cinismo politico. Nei mesi scorsi lo hanno fatto accusando il governo della tragedia di Cutro, nei giorni scorsi lo hanno ripetuto sull’inesistente allarme fascismo. Naturalmente ci aspettiamo che sia così fino alle elezioni, ma siamo certi che, come non ci hanno abboccato gli italiani nel settembre 2022, non ci abboccheranno neanche gli europei.

E però pure la sinistra europea ci prova, per esempio con la candidatura di Carola Rackete…
La sinistra europea, sia quella socialdemocratica sia quella estrema che candida la Rackete, è ormai da tempo in crisi di valori e proposte e ha ormai definitivamente archiviato la stagione della difesa dei diritti dei più deboli e dei lavoratori sostituendoli con l’agenda ultra-ecologista, immigrazionista e antifascista, una categoria nella quale rientra tutto ciò che non corrisponde alle loro posizioni. Il risultato di questa deriva è un avvelenamento del clima politico e un costante spostamento a destra dell’elettorato.

Con l’avvicinarsi del voto sono ripresi gli attacchi mediatici a FdI, dei quali anche lei personalmente è stato bersaglio. Al di là della comprensibile amarezza personale, come legge il fenomeno?
C’è una campagna costante di denigrazione della destra di governo. Non potendo attaccare credibilmente Giorgia Meloni sono passati a sostenere la presunta impresentabilità della sua classe dirigente. La verità è che i risultati del governo sono ottimi, ancora di più se paragonati ai danni ereditati da quelli che oggi pretendono di dare patenti di presentabilità. Comunque, non mi pare che queste campagne sortiscano grandi effetti, se non quello di evidenziare una volta di più la necessità di intervenire urgentemente per porre fine alla gogna mediatico-giudiziaria che troppo spesso viene utilizzata per tentare di abbattere l’avversario politico.

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