In viaggio con i fratelli Grimm sulle strade delle fiabe in Germania: la loro raccolta uscì nel Natale del 1812
Saverio Simonelli, giornalista e scrittore, intraprende nel suo libro “In Germania con i fratelli Grimm” (Giulio Perrone editore) un lungo viaggio dedicato ai luoghi e ai personaggi al centro dell’immaginario fiabesco, per restituire, ancora oggi, quella magia luminosa figlia di un tempo lontano. Un viaggio sulle strade delle fiabe, da Hanau dove i Grimm sono nati, fino a Brema dove dovevano arrivare i musicanti.
Le fiabe dei Grimm patrimonio dell’umanità
Jacob e Wilhelm Grimm nacquero dunque ad Hanau ‒ una cittadina a est di Francoforte sul Meno in Germania ‒ rispettivamente nel 1785 e nel 1786. Jakob, professore di lettere antiche e bibliotecario a Gottinga, fu destituito per le sue idee liberali; ma nel 1840 il re di Prussia, Federico Guglielmo IV, lo chiamò a Berlino all’Accademia delle scienze; fu deputato a Francoforte.
Anche Wilhelm insegnò all’università di Gottinga ed espulso come suo fratello fu membro dell’Accademia delle scienze di Berlino. Il primo era serio e taciturno, il secondo gaio e socievole, ma soffriva di cuore e doveva spesso stare a riposo. Vissero insieme anche dopo il matrimonio di Wilhelm, che morì quattro anni prima del fratello, nel 1859.
Il primo volume delle Fiabe per bambini e famiglie uscì per Natale nel 1812: un angelo custode figurava accanto ai protagonisti di Fratellino e sorellina, la storia di due bambini perseguitati da una cattiva matrigna. Nel 2005 l’Unesco ha proclamato le fiabe dei Grimm patrimonio dell’umanità.
La funzione della fiaba: consolare e salvare
Se la funzione della fiaba, come osservava Tolkien – non a caso soprannominato il Grimm inglese – è quella di “consolare” e di “salvare” mostrandoci le connessioni della realtà con la dimensione spirituale, si capisce bene perché la fiaba, e in particolare le fiabe dei fratelli Grimm, siano un best seller intramontabile. Anche se, come annota Simonelli, “raramente nella storia della letteratura un testo ha subito un fuoco così serrato, continuo e virulento di attacchi, e forse, ed è quasi comico osservarlo, è la prima volta che di un’opera si è criticata e lamentata la dimensione autorale, rimproverando di fatto ai Grimm quello che è il sacrosanto diritto di qualsiasi narratore: scrivere un testo in maniera personale”.
Le forze misteriose presenti nel mondo
Eppure per loro la poetizzazione dei testi originali era essenziale per restituire la “meraviglia nei confronti dell’immensità e indecifrabilità del mondo”. Quelle storie a volte atroci a volte dolci servivano per “far capire che al mondo c’erano al lavoro forze insondabili e misteriose alle quali solo lo sguardo dell’immaginazione poteva dare forma e consistenza. Ecco allora giganti e orchi, animali parlanti, nani terribili o munifici, ma anche padri e madri che divorano i propri figli che poi, miracolosamente, tornano in vita. Un gran teatro del mondo per dire che c’è qualcosa di più in quel mondo. E che va conservato”.
Le critiche femministe ai fratelli Grimm: troppo borghesi
Non sono poi mancate le critiche femministe, come quelle di Maria Tatar, critica femminista, che rimproverava ai fratelli per aver omesso dalla stessa fiaba ogni traccia del conflitto materno introducendo la figura della matrigna in nome della “preservazione borghese della santità della famiglia”. Ma la visione dei critici non ha influenzato i lettori “non solo bambini, che ancora conservano di queste storie una memoria che è anche ristoro e consolazione e che, di tanto in tanto, accende una luce strana nella vita”.