“Il velo è sottomissione, lo combatto con tutta me stessa”: la battaglia dell’ iraniana Nobel per la Pace

16 Dic 2023 9:47 - di Federica Argento
Narges Mohammadi velo

“L’hijab obbligatorio non è un dovere religioso o un modello culturale, né, come dice il regime, il modo per preservare la dignità e la sicurezza delle donne. L’hijab obbligatorio è uno strumento per sottometterci e dominarci. È uno dei fondamenti della teocrazia autoritaria e io lo combatto con tutta me stessa”. Narges Mohammadi, dal 2021 in carcere a Teheran, ha risposto così per iscritto alle domande del Corriere della Sera, a sei giorni dalla consegna del premio Nobel per la pace, con i figli gemelli Ali e Kiana a Oslo a raccontare la sua assenza. Una testimonianza raccapricciante.

Narges Mohammadi risponde alle domande del Corriere

“L’uccisione di Mahsa-Jina Amini e di centinaia di manifestanti nelle strade, l’uccisione di Armita Garawand per me sono e saranno per sempre un dolore che mi è entrato in gola. Non indossare il velo nemmeno per una visita medica necessaria è la mia protesta. E la mia forma di resistenza contro l’oppressore: non farò mai un passo indietro”, ha affermato Mohammadi.  51enne, vicepresidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani, attivista e simbolo della lotta iraniana alla dittatura, rinchiusa a Evin. Per lei, “il Nobel è una dichiarazione di sostegno globale al movimento progressista d’Iran: è per l’Iran che si ribella” e “stare lontano da un figlio è il dolore più atroce che si possa immaginare”.

“Il mio obiettivo: porre fine al dominio della Repubblica islamica in Iran”

Nell’intervista ha raccontato la sua storia: arrestata 13 volte, condannata a 31 anni e a 154 frustate,  ha denunciato come “la violenza sulle donne” nelle carceri “e soprattutto sulle manifestanti, sia costante. Non solo qui”. Racconta di essere “stata testimone dei corpi contusi, spezzati e feriti delle detenute”. “Gli attacchi contro le prigioniere sono uno degli strumenti di repressione che il regime ha più usato nell’ultimo anno”. “Noi prigioniere politiche veniamo da storie e formazioni diverse, ma tutte abbiamo lo stesso obiettivo: porre fine al dominio della Repubblica islamica, e per questo ‘lavoriamo’ insieme”, ha detto Narges Mohammadi,  ripetendo di battersi “per la realizzazione della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza”. “Noi iraniani vogliamo una società civile forte e indipendente – ha affermato – La democrazia non esiste senza il rispetto dei diritti umani e quindi dei diritti delle donne”.

 

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