Montanari a Firenze agita il Pd: la polpetta avvelenata di Conte va già di traverso a Schlein

7 Nov 2023 10:06 - di Sveva Ferri
montanari firenze

La polpetta avvelenata di Giuseppe Conte per Elly Schlein dà subito i suoi frutti: l’ipotesi di Tomaso Montanari candidato a sindaco di Firenze per il campo largo sta creando grande agitazione nel Pd toscano, che non chiude ma mette paletti, lanciando messaggi che appaiono indirizzati direttamente alla segreteria. Pesa, con ogni probabilità, il precedente della suppletive di Monza, dove il Pd ha appoggiato la disastrosa candidatura di Marco Cappato, nonostante i ripetuti appelli saliti dalle fine dem per trovare una candidatura “non di testimonianza, ma – invocarono in particolare i sindaci della Brianza – che rappresenti un campo politico e renda leggibile la storia di un impegno che il nostro territorio non ha fatto mancare per il benessere generale”.

La candidatura di Montanari a Firenze agita il Pd

L’eco di questo timore emerge chiaramente dalle parole del segretario regionale della Toscana Emiliano Fossi. “Ha ragione Montanari quando dice che sul Pd e sulle forze progressiste c’è la responsabilità grande di costruire una coalizione per Firenze attorno a un’idea di società, di città e di sviluppo”, ha detto l’esponente dem, commentando le parole del rettore dell’Università per Stranieri di Siena affidate al Corriere della Sera di ieri, secondo le quali “sarebbe importante una convergenza tra Pd e 5Stelle e una certa sinistra non su un nome e su un volto, ma su una visione della società, su un progetto politico preciso e nuovo”. “Stiamo lavorando in primis sul programma e sulla coalizione che vogliamo sia ampia e vincente, capace di rappresentare un argine e un’alternativa solida alla destra. Il nome arriverà dopo questo sforzo”, ha aggiunto Fossi, sottolineando che “il Pd in città ha l’ambizione e la forza per mettere a disposizione della coalizione candidature a sindaco di alto profilo e competenza, ma ha anche la volontà di aprirsi al coinvolgimento delle personalità migliori che la nostra città può offrire per costruire insieme una proposta politica con-vincente”.

Malumori, dubbi, ambizioni: quello che i dem (e gli altri) non dicono

E se quella espressa da Fossi suona come una posizione ancora attendista, cerchiobottista anche, decisamente più ostili sono le posizioni che non vengono espresse apertamente, ma circolano tra gli esponenti nel partito e rimbalzano nei retroscena. Libero ricorda che Montanari “è indigesto a larghi strati del Pd riformista e dell’establishment borghese di Firenze (le due cose peraltro tendono a coincidere), per non parlare di Matteo Renzi, che da quelle parti sarebbe meglio tenere dentro”. Renzi a Firenze è in giunta col Pd e mantiene ancora un saldo radicamento a tutti i livelli, anche fra i dem. Un aspetto che hanno chiaro i M5S toscani, i cui brusii sono riportati dal Fatto Quotidiano: “I tanti renziani rimasti nel Pd non permetteranno mai questo accordo”. C’è poi il fattore Nardella. Il sindaco non solo avrebbe già un suo nome pronto per la candidatura (l’assessore all’Educazione della sua giunta, Sara Funaro), ma ha anche un passato di relazioni più che burrascose con Montanari, che ha querelato per l sue affermazioni sul fatto che “Firenze è una città in svendita, all’incanto” e “gli amministratori di Firenze sono al servizio di questi capitali stranieri”.

Il precedente di Monza e l’incapacità del Pd di uscire dallo stallo

Più di queste contrarietà, però, sulla scelta di Schlein potrebbero pesare sul territorio la cronica difficoltà del Pd a trovare candidati credibili e a livello nazionale l’incapacità di trovare una quadra nei rapporti con Conte, che con le sue fughe è sempre molto impegnato a mettere i dem all’angolo. Dunque, non è affatto escluso che anche a Firenze non si replichi lo schema di Monza, col ripiegamento su un “papa straniero” che toglie le castagne dal fuoco nell’immediato, a prezzo però di continuare a incancrenire problemi politici e attitudine alla sconfitta.

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