Interrogazione di Gasparri al ministro Nordio: “Fare piena luce sulla sentenza Landolfi”
«Condannarono Mario Landolfi solo per non sconfessare un pentito». È la convinzione, ricavata da un’accurata disamina degli atti processuali, contenuta in una interrogazione parlamentare indirizzata dal senatore Maurizio Gasparri al ministro della Giustizia Carlo Nordio lo scorso 10 ottobre e di cui ha dato notizia il quotidianoIl Dubbio. Va subito chiarito che la vicenda giudiziaria che per ben 16 anni ha interessato l’ex ministrodi An è tecnicamente chiusa. Landolfi ha visto cadere l’accusa più grave ed infamante (la collusione con i clan della camorra) ma ha subito una condanna a due anni con pena sospesa e non menzione sul casellario giudiziale. Un’assurda vicenda di paese (avrebbe corrotto un consigliere comunale per salvare la giunta di centrodestra di Mondragone, nel Casertano ad un mese dalla scadenza naturale del civico consesso, facendone assumere la moglie per tre mesi in una società mista) rispetto alla quale Landolfi si è sempre dichiarato estraneo. Tanto da rinunciare alla prescrizione sin da quando sull’ipotesi di reato gravava il macigno dell’agevolazione mafiosa.
Quello che non torna della sentenza Landolfi
Purtroppo per lui, né la Corte d’Appello, che ha confermato la sentenza di primo grado per relationem (in pratica senza alcun vaglio critico), né la Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso (singolarmente dopo aver differito di 45 giorni), hanno voluto dargli ragione. Tutte anomalie che ora Gasparri passa ai “raggi X” della sua interrogazione. A cominciare dal colpo di scena che si manifesta il 18 novembre del 2019, giorno della sentenza di 1° grado. Quel giorno, infatti, il collegio giudicante dopo ben sei ore di camera di consiglio non emette il tanto atteso verdetto ma decide di richiamare in aula il pentito Giuseppe Valente, già sentito nel processo è di cui erano stati acquisiti al dibattimento ben 29 verbali relativi ad interrogatori da lui resi davanti ai pm e negli altri processi. Stranamente, però, nel redigere le motivazioni, il giudice omette di riportare le dichiarazioni rese dal pentito nell’udienza convocata ad hoc e le sostituisce con quelle già agli atti provenienti dal “processo Cosentino” (ex-sottosegretario di Forza Italia). Perché?
Interrogazione di Gasparri a Nordio
Gasparri non ha dubbi: le dichiarazioni ignorate dal giudice risultavano «contraddittorie», segnate da una serie di frasi del tipo: «io questo non lo ricordo e credo di non avergliene parlato»; «non escludo di averglielo detto»; «sinceramente non me lo ricordo». Insomma, la prova della condotta corruttiva di Landolfi rischiava di fondarsi sul nulla. E allora ecco l’escamotage denunciato da Gasparri: su una circostanza il giudice scarta la testimonianza favorevole a Landolfi e al suo posto ripesca quella del “processo Cosentino”, ma quando si accorge che anche questa rischia di rivelarsi inutile ai fini della dimostrazione della colpevolezza di Landolfi non esita ad “amputarla” pur di piegarla al proprio obiettivo. Ma facciamo un passo indietro: per incolpare l’ex-ministro, Valente – in passato esponente della Dc, poi del Ppi e infine di FI – si era presentato in tribunale come cera modellata dalle mani di Landolfi in tutte le vicende riguardanti il comune di Mondragone.
Un clamoroso caso di manipolazione
La difesa dimostra invece che non era stato così almeno in cinque casi. Tra questi, una vicenda corruttiva del tutto simile a quella incriminata verificatasi l’anno precedente, nel 2003. Ed è proprio su quella che il pentito cade nelle contraddizioni evidenziate da Gasparri. Ma il giudice, come già detto, per far quadrare il cerchio le ignora e le sostituisce dopo averle manipolate. Valente aveva infatti così risposto al pm durante il processo al sottosegretario forzista: “L’unica persona con cui parlai di questo fatto fu Nicola Cosentino perché era il mio referente politico. Ci mancherebbe. Credo ne avessi parlato anche con Landolfi”. Strano a credersi, solo queste ultime sette parole troveranno spazio nelle motivazioni della sentenza. E, per giunta, con tanto di chiosa del giudice che attribuisce loro un valore probatorio altrimenti impossibile se solo avesse riportato la dichiarazione per intero. Il clamoroso caso di manipolazione è solo la più vistosa delle anomalie che costellano la sentenza. Ma Gasparri ha chiesto piena luce anche su altri aspetti su cui è palese l’arbitrio intollerabile del giudice. Non a caso, il senatore azzurro ha chiesto a Nordio di valutare se sussistano i presupposti per promuovere un’azione disciplinare a carico dei giudici di 1° grado. In particolare, se gli stessi abbiano violato «gli articoli 27 comma 2 (presunzione d’innocenza) e 111 (giusto processo) della Costituzione»nonché il principio della «condanna “oltre ragionevole dubbio”, sancita e tutelata dall’art. 533 del Codice di procedura penale. Nel frattempo ingiustizia è fatta, la giustizia è sfatta e Landolfi ha detto addio alla politica.