“Non sono leoni da tastiera ma affiliati all’Isis”: i due egiziani arrestati a Milano restano in carcere
Alaa Refaei, 44anni, e Gharib Hassan Nosair Mohamed Nosair, 49 anni, arrestati martedì scorso a Milano per terrorismo internazionale e legami con l’Isis e che hanno scritto di minacce alla Meloni e alla comunità ebraica restano in carcere perché non sono solo semplici “leoni da tastiera”.
“Hanno partecipato attivamente a una rete digitale via social, di carattere internazionale, la cui finalità è espressamente quella di diffondere l’apologia e il proselitismo nei confronti dell’Isis e di esaltarne i metodi violenti e le azioni truci”. Lo sostiene il gip di Milano Fabrizio Filice nel suo provvedimento con cui conferma il carcere e respinge le richieste di domiciliari avanzate dai difensori.
I due amici “non si sono limitati a fruire, in maniera passiva od occasionale, delle informazioni diffuse attraverso la rete ma hanno attivamente provveduto alla loro condivisione e al loro continuo rilancio, attraverso le principali funzioni di interazione messe a disposizione delle piattaforme utilizzate, fra cui le funzioni ‘condividi’, ‘mi piace/like’, ‘tag’ e ‘post’ che ne potenziano la diffusione e, di riflesso, anche la pericolosità” si legge nel provvedimento.
“I due arrestati sono inseriti nella struttura digitale dell’Isis”
Entrambi “hanno ‘messo like’ e commentato in continuazione contenuti, sempre violenti ed apologetici verso l’Isis e e le sue azioni terroristiche, a richiesta degli organizzatori della rete e al preciso fine di mantenerla il più possibile viva e operativa, resistendo alle continue chiusure delle pagine che l’amministrazione Facebook imponeva quando si accorgeva della tipologia dei contenuti divulgati; e, per lo stesso motivo e con la stessa finalità, hanno scaricato tutti i canali Telegram e WhatsApp per partecipare ai gruppi chiusi”.
Non solo hanno effettuato bonifici a favore delle “donne dello Stato islamico”. Non conta che i contributi economici in sé non fossero di rilevante entità: “quello che conta è che gli indagati abbiano dimostrato un più che stabile inserimento nella struttura organizzativa digitale riconducibile all’Isis”. E’ attraverso i social che l’Isis cerca il consenso e di costituire “la riserva aurea delle individuali vocazioni al martirio, le quali vengono poi prontamente rivendicate dall’Isis, secondo uno schema ormai consolidato, che riconosce la veste di proprio combattente a chiunque ne attui, ovunque e in qualsiasi momento, le strategie violente: il modello dei cosiddetti ‘lupi solitari’ e rappresenta un pericolo più che concerto di reale compimento di atti di violenza, le cui ispirazione e progettazione nascano all’interno della rete”.
L’avvocato di uno dei due arrestati: “Ricorreremo al tribunale del riesame”
Emanuele Perego, il difensore di Alaa Refaei, ricorrerà “nei prossimi giorni al Riesame”. L’istanza, spiega il legale all’Adnkronos, è motivata dal fatto che “non sono contestati fatti successivi alla perquisizione e al sequestro del 6 dicembre 2022, quando il mio assistito ha appreso di essere indagato e ha interrotto ogni uso dei social” che potessero lasciare intendere qualche tipo di sostegno all’Isis. L’avvocato si dice “sconcertato” dal fatto che gli investigatori “non hanno proseguito l’attività di monitoraggio né dal punto di vista fisico, né telematico. Dopo aver saputo di essere indagato per un reato per il quale si rischiano fino a dieci anni di carcere il mio assistito non ha nessuna reazione violenza, eppure – dice ironico – da un pericoloso terrorista mi aspettavo qualcosa, quella poteva essere la miccia per un attentato invece niente”. “Il giudice ritiene di dover fare accertamenti sui nuovi device ora che i due arrestati sono in carcere, ma se erano così pericolosi da dover rimanere dietro le sbarre perché queste verifiche non sono state già fatte?” è la domanda senza risposta dell’avvocato Perego.