Diffamò la Meloni, Saviano condannato a 1000 € di multa. “Bastarda” non è un’opinione, ma un insulto
La Procura di Roma aveva chiesto una pena pecuniaria per Roberto Saviano, una condanna al pagamento di una multa di 10 mila euro per lo scrittore imputato per diffamazione nei confronti del presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Alla fine, il tribunale di Roma ha sentenziato per lui una multa di 1.000 euro. Un verdetto di compromesso, che comunque assevera nella sostanza – più che nell’entità della pena – il fatto che il termine dispregiativo che lo scrittore ha indirizzato alla Meloni, non rappresenta una mera critica, ma un insulto vero e proprio.
Insulti alla Meloni, Saviano condannato a 1000 euro di multa
Dunque, condanna all’acqua di rose per Saviano dopo che, davanti al giudice monocratico, la Procura con il pm Pietro Polidori, aveva chiesto una pena pecuniaria di 10mila euro. L’autore napoletano, guru della sinistra buonista sempre pronto a discettare e dispensare insulti a sostegno della sua propaganda immigrazionista contro il governo di centrodestra, in una puntata di Piazzapulita andata in onda su La7 nel dicembre 2020, dedicata al tema dei migranti, si riferì all’allora parlamentare di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni, definendola «bastarda».
Saviano imputato per diffamazione: il piagnisteo in aula
Eppure, lungi dallo scusarsi e dal fare ammenda, lo scrittore napoletano ancora oggi ha insistito a reiterare nell’offesa e nel pretendere di giustificare virulenza e portata delle sue affermazioni ingiuriose. Anche in aula dove, invece di provare a rattoppare lo sgarro, ha dato il via alla solita lagna, rendendo dichiarazioni spontanee che non solo non hanno certo sortito l’effetto di ricucire lo strappo o fare ammenda. Ma – com’era prevedibile – hanno ulteriormente dimostrato la pervicace ostinazione di Saviano a reiterare nell’insulto: ora più, ora meno filtrato…
La Procura di Roma ha chiesto una multa di 10.000 euro
Un’arringa infarcita di retorica militante, quella che Saviano ha sostenuto in aula. Dall’incipit, che recitava: «Ritengo il comportamento di Giorgia Meloni un’intimidazione. Pur nell’assurdità di essere portato a giudizio dal presidente del Consiglio per averla criticata, non c’è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero»… Alle dichiarazioni spontanee finali, che tra le righe, e nel disperato tentativo di difendersi, accusavano ancora. E rivendicano: «Davvero stiamo accettando che il potere politico pretenda che il potere giudiziario delimiti il periodo nel quale può muoversi uno scrittore? È così difficile notare la sproporzione tra chi ha il potere politico e chi ha solo le proprie parole?»
L’arringa delle dichiarazioni spontanee infarcita di retorica militante
Tralasciando – o fingendo di dimenticare? – tra un piagnisteo e l’altro, il motivo del contendere. Insomma: lo scrittore a processo dimentica, o comunque sorvola, sulle parole per cui si trovava sotto processo. Parole che non alludono a generiche dissertazioni sulla libertà di usarle, ma che traducono un insulto vero e proprio. E che, di sicuro, non richiamano neppure da lontano l’idea di un’argomentata opinione dissenziente, proposta da uno scrittore per cui le parole dovrebbero essere i ferri del mestiere da usare con oculatezza. E allora, a ricordarglielo è intervenuto il legale che rappresenta Giorgia Meloni: Luca Libra. Il quale, senza effimeri giri di parole, a Saviano in aula ha rinfrescato la memoria su esegesi e significato del termine dispregiativo indirizzato al premier.
Il legale della Meloni rinfresca la memoria a Saviano: «Bast***a non è una critica, ma sempre un insulto»
«Bastardo non è una critica, ma sempre un insulto. Anche per il dizionario è sempre un termine dispregiativo. Il diritto di critica anche per la Cassazione non può travalicare nell’uso dei termini e dal rispetto delle persone», ha sottolineato l’avvocato Libra. Concludendo poi: «Sostenere che Giorgia Meloni stia perseguitando qualcuno è assolutamente falso. L’imputato ha usato un linguaggio eccessivo, volgare e aggressivo. È possibile fare critica, ma nessuno è al di sopra del codice penale», ha chiosato il legale che, al termine del suo intervento, ha chiesto un risarcimento di 75mila euro, più una provvisionale non inferiore a 50mila euro. Poi, nel tardo pomeriggio di oggi, la condanna a 100 euro che chiude il dibattimento. Ma che non esaurirà certo il dibattito polemico.