M5S, Conte rinnova il contratto a Grillo. Gli eletti insorgono: «O fai il leader o il consulente»
Da Elevato a subissato (di critiche). Ma è il tributo da versare all’incoerenza in una storia politica complessiva che di coerenza ne ha finora mostrata ben poca. Parliamo, ovviamente di Beppe Grillo, finito nel mirino dei suoi per aver ribadito il divieto di terzo mandato elettorale nonostante Giuseppe Conte gli abbia di recente rinnovato il munifico contratto (300mila euro lordi all’anno) che lo lega al M5S. Non che le due cose fossero collegate, anzi, ma è così che immaginavano gli eletti pentastellati in ossequi al precetto evangelico in base al quale «non si possono servire Dio e mammona».
Grillo contestato per il suo “no” al terzo mandato
In piccolo vale anche per la politica, dove negli ultimi tempi i cambiamenti saranno stati pure repentini e radicali, ma non tali da includere la figura di un leader contrattualizzato e stipendiato per fare pubblicità al partito da egli stesso fondato. Esattamente quel che fa Grillo che poi, però, vuole anche avere l’ultima parola sulle sorti del MoVimento. Una pretesa irricevibile per molti dei suoi parlamentari. Che infatti recalcitrano, resistono e, soprattutto, rifiutano di versare la quota di indennità nelle casse, sempre più anemiche, del M5S. Una rivolta di cui c’è traccia nelle chat interne e nelle mezze ammissioni raccolte dal cronista di Libero con la garanzia dell’anonimato. «A Beppe il vitalizio lo diamo noi», recrimina un deputato deluso.
La truffa dell’antipolitica a 5Stelle
Ma è anche vero che è solo grazie al nome, anzi al cognome, del comico se lui siede in Parlamento e può scoprirsi tanto munifico verso l’antico (e ripudiato) mentore. Una voce, certo. Ma indicativa per capire come il rapporto tra Grillo e grillini stia già degenerando in cortocircuito Un destino a dir poco beffardo per un MoVimento nato per «restituire» al popolo, di cui si erano auto-proclamati «portavoce», quel che al popolo aveva sottratto l’odiata «casta». E invece ora eccoli qua a sbranarsi l’uno con l’altro per questioni di vile denaro. Niente di nuovo, verrebbe da dire. Del resto, già un paio di secoli fa Talleyrand diceva che «in fondo la politica non è altro che un certo modo di agitare il popolo prima dell’uso». Proprio come l’antipolitica. La fregatura è tutta qui.