La versione di Giorgia: vi spiego l’idea di Europa dei conservatori, un modello che non prevede accentramento dei poteri

14 Set 2023 8:32 - di Annalisa Terranova

Un’ondata migratoria che si abbatte sul Sud dell’Italia, il discorso di Ursula von der Leyen che rimette in pista Mario Draghi, la Lega che aspetta Marine Le Pen a Pontida: sono molteplici i fattori che fanno pensare che la campagna elettorale per le europee è solo agli inizi. Infatti la sfida che attende i partiti è davvero rilevante. Ne parla oggi in una intervista al Corriere il lettone Robert Zile, uno dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo in quota conservatori (nella prima metà della legislatura l’Ecr non aveva vicepresidenti).

Il centro del potere in Europa si sta spostando a destra

In merito alla possibile alleanza tra Ppe e Ecr nel prossimo parlamento europeo così risponde:  «Non parlerei di alleanza ma sicuramente dopo le prossime elezioni di una buona cooperazione con l’Ecr. Questo è chiaro e credo che anche ora ci sia un miglioramento nella cooperazione su singoli dossier legislativi. Dai sondaggi arriva il segnale che il centro del potere si sta spostando più a destra».

Meloni: cosa vogliono i conservatori in Europa

Giorgia Meloni ha chiarito più volte quale sia l’idea di Europa che i conservatori hanno come obiettivo. E lo ha sottolineato anche nel libro intervista di Alessandro Sallusti, “La versione di Giorgia“. Dove ribadisce che i conservatori “sono i portatori, come me, dell’idea di un’Europa confederale. Il modello confederale si oppone all’accentramento di tutti i poteri nelle istituzioni centrali dell’UE e lo fa in nome del principio di sussidiarietà iscritto nei Trattati: una collaborazione per livelli istituzionali dove la responsabilità viene lasciata all’istituzione più vicina al cittadino e più utile a governare quella dimensione e quella specifica materia. In altre parole, le materie più quotidiane e prossime alla vita dei cittadini devono essere lasciate alla competenza degli Stati membri, difendendo così le specificità non solo culturali, ma anche ad esempio economiche delle singole nazioni, e le istituzioni europee si occupano invece di quella dimensione globale sulla quale il singolo Stato non è competitivo”.

“Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma”

“Non faccia Bruxelles quello che può meglio fare Roma, e viceversa – prosegue Meloni – E bada bene, queste non sono teorie eretiche, ci sono fior di padri fondatori dell’Europa che sostenevano il modello confederale, solo che ormai il pensiero unico ha deciso che chi vuole l’Europa federale è un amico, e chi vuole un’Europa confederale è un nemico. E questo non ha senso, non solo perché parliamo di modelli e l’approccio ideologico dovrebbe lasciare spazio a un confronto pragmatico su questi temi, ma anche perché nei fatti il modello accentratore imposto dai cosiddetti europeisti si sta rivelando molto fallace”.

L’Europa si occupi di politica estera, energia, migrazioni

E fa degli esempi concreti. “Ci dicevano che andava tutto bene ma quando sono arrivati i problemi veri, vedi la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina, ci siamo resi conto della debolezza di questa costruzione. Non avevamo una politica estera che ci consentisse di giocare un ruolo nella prevenzione del conflitto, non avevamo più alcun controllo delle catene di approvvigionamento, dall’energia ai microchip ai principi attivi, eravamo deboli sul fronte della difesa, non avevamo una strategia di tutela del continente su nulla. Ma in compenso eravamo pieni di direttive su ogni microaspetto della nostra vita quotidiana, dalla dimensione degli ortaggi alle tecniche per cucinare gli insetti. Io penso che l’Europa dovrebbe occuparsi di politica estera, difesa, sicurezza dei confini esterni, mercato unico, energia, migrazioni. Sulla gestione delle cose minori occorre lasciare autonomia ai singoli Stati, anche per preservare le loro diversità”.

Meloni: si può essere più italiani e al tempo stesso più europei

Gli esempi sarebbero infiniti, ma tanto per capirci è ovvio che le esigenze di un pescatore danese siano diverse da quelle di un suo collega di Mazara del Vallo, che gli stabilimenti balneari delle nostre coste arrivino da una storia culturale ed economica diversa da quelli della Normandia, che il nostro immenso patrimonio storico e culturale, ma perfino quello edilizio, ha difficoltà a essere gestito con le stesse regole di quello della Finlandia e potrei andare avanti. Insomma, io sono convinta che le regole comunitarie debbano essere meno invasive e che non sia una contraddizione in termini sostenere che si può essere più italiani, come più francesi e più tedeschi, e allo stesso tempo più europei”.

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