Strage di Bologna, la mozione del centrodestra: per cercare la verità via il segreto e archivi accessibili
Riformare la normativa sul segreto di Stato e rendere gli atti declassificati davvero fruibili, attraverso la piena digitalizzazione e la razionalizzazione degli archivi. È quanto chiede la mozione del centrodestra presentata alla Camera in occasione dell’anniversario della strage di Bologna, con l’obiettivo di favorire, attraverso “l’ampliamento delle basi documentali”, la ricerca della verità storica e “agevolare eventuali ulteriori sviluppi in sede giudiziaria”. Un impegno per fare chiarezza su quella che rimane una delle pagine più oscure della nostra storia nazionale che è “urgente e necessario”.
La mozione del centrodestra per favorire la ricerca della verità storica sulla strage di Bologna
La mozione, primo firmatario Federico Mollicone di FdI, ha ricevuto il sostegno di tutta la coalizione: è sottoscritta anche, tra gli altri, da Pietro Pittalis e Deborah Bergamini di Forza Italia e Simonetta Matone e Jacopo Morrone della Lega. Il testo, di cui ha dato conto l’Adnkronos, ricorda come con la strage del 2 agosto 1980 “cominciò anche una delle più difficili indagini della storia giudiziaria; ad oggi, infatti, l’iter processuale, che pur ha già registrato condanne definitive, non è ancora concluso”. La mozione richiama le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante un anniversario di qualche anno fa, sulla necessità di continuare a cercare la “piena verità che è premessa di giustizia”. Un concetto ribadito anche quest’anno dal capo dello Stato, che ha sottolineato ancora una volta che “la ricerca della verità completa” è un dovere delle istituzioni.
L’impegno per riformare il segreto di stato e rendere fruibili gli archivi
In questa cornice, dunque, la mozione impegna il governo “ad adottare iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per la riforma della disciplina del cosiddetto segreto di Stato, per la declassifica e la consultabilità dei documenti declassificati, e l’accelerazione del processo di digitalizzazione”. Un compito che va portato avanti rafforzando “l’intervento pubblico per gli Archivi, puntando alla costituzione di un unico archivio digitale presso l’Archivio centrale dello Stato che raccolga e razionalizzi, al fine di evitare i duplicati, i documenti declassificati esaminati dalle commissioni d’inchiesta, unificando gli archivi esistenti” e proseguendo “in questa importante operazione di verità e trasparenza facilitando e accelerando il versamento della documentazione all’Archivio centrale di Stato, per mettere il più ampio patrimonio informativo a disposizione della collettività e della ricerca storica”. Il Parlamento impegna inoltre il governo “a favorire, per quanto di competenza, l’attività del Comitato consultivo sulle attività di versamento dell’Archivio di Stato e agli archivi di Stato sul territorio, valorizzando l’impostazione pluralista nel perseguimento dei suoi fini istituzionali”.
L’importanza del lavoro delle Commissioni parlamentari e la scoperta del “lodo Moro”
La mozione, quindi, ricorda il lavoro delle Commissioni parlamentari, con il quale è emerso “come il cosiddetto ‘lodo Moro’, ossia l’accordo extra legem tra la cosiddetta diplomazia parallela italiana (affidata a settori dei servizi di informazione e sicurezza) e la dirigenza palestinese, maturato in ambito politico-istituzionale agli inizi degli anni Settanta (in seguito alla strage palestinese alle Olimpiadi di Monaco del 1972) per tutelare gli interessi italiani dalla minaccia di attentati, sia il cuore di molte vicende storico-giudiziarie”. “Occorre, pertanto – si legge ancora nella mozione – che ne siano finalmente chiariti sia le esatte finalità sia i modi di applicazione e le conseguenze che questo patto extra legem determinò sul piano nazionale e nei rapporti internazionali con l’Alleanza atlantica”.
Non manca, inoltre, un riferimento diretto alla relazione sull’attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, presieduta dal parlamentare del Pd Giuseppe Fioroni, nella quale si legge: “Una delle principali acquisizioni è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione ‘mediterranea’ della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese. Gli approfondimenti sul ruolo dei movimenti palestinesi e del centro Sismi di Beirut hanno consentito di gettare nuova luce sulla vicenda delle trattative per una liberazione di Moro e sul tema dei canali di comunicazione con i brigatisti, ma anche di cogliere i condizionamenti che poterono derivare dalla collocazione internazionale del nostro Paese e dal suo essere crocevia di traffici di armi con il Medio Oriente, spesso tollerati per ragioni geopolitiche e di sicurezza nazionale”.