Giovani al sud, mezzo milione di laureati emigrati in vent’anni. La sfida della “restanza”
Il Sud ha perso 460 mila laureati in vent’anni. Tra il 2001 e il 2021 la quota di emigrati meridionali con elevate competenze (in possesso di laurea o titolo di studio superiore) si è più che triplicata, da circa il 9 a oltre il 34 per cento. Sono alcuni dei dati, con le anticipazioni del Rapporto Svimez 2023 sull’economia e la società del Mezzogiorno, che sono stati illustrati questa mattina nel corso di una conferenza stampa, presso la presidenza del Consiglio, dal direttore della Svimez, Luca Bianchi. La Svimez stima che nel 2022, per la prima volta nella storia delle migrazioni interne italiane, la quota di laureati sul totale degli emigrati meridionali supererà quelle relative a titoli di studio inferiori. Dei 460.000 migranti dal Mezzogiorno al Centro-Nord tra il 2001 e il 2021, si stima che circa 130.000 fossero in possesso di una laurea Stem. Si apre il problema della restanza, totem dell’antropologia meridionale.
L’economista Guida: “Fiducia nel governo Meloni ma al sud problema culturale”
“460 mila emigrati laureati dal Sud in venti anni sono un dramma e una sfida culturale, nonché politica, che il governo Meloni deve saper affrontare.” Lo afferma Roberto Guida ordinario di economia e top manager del gruppo Marzotto Venture. “Una emigrazione per larga parte determinata da assenza di lavoro ma, se pensiamo ai medici, anche per questioni culturali. Bisogna intanto trasmettere alle nuove generazioni il senso dell’identità e dell’appartenenza. La Calabria, tra le regioni del Sud, è quella che ha la più alta percentuale di emigrazione. C’è certamente la sfida infrastrutturale da affrontare, ma anche il pregiudizio di dover essere costretti ad andare comunque via. Nel Sud ci sono università eccellenti e possibilità concrete di rimanere a lavorare e non disperdere il know how. Il governo Meloni – conclude Guida – deve avere questo obiettivo primario per riequilibrare le competenze e le possibilità di intrapresa”.