
Bohème sessantottina, Veronesi licenziato: è vendetta politica. Punito perché sto col centrodestra
Veronesi, silurato dopo la direzione bendata della Bohème al festival pucciniano di Torre del Lago, non ci sta: e ne ha ben donde. Quanto accaduto nelle ultime ore, con la bandita dal podio del direttore d’orchestra milanese, sancita da una revoca calata dall’alto dopo la prima dell’opera di due giorni fa, il Maestro tuona e contrattacca. E nel riassumere motivi e conseguenze del siluramento, punta il dito contro una sentenza politica: «Sono stato punito per un reato di opinione – commenta –. Un precedente gravissimo per il nostro Paese»…
Bohème rossa, Veronesi dirige bendato e viene silurato
La direzione a occhi coperti – e partitura a memoria della Boheme – mentre in scena si consumava l’oltraggio di una rivisitazione lontana dall’originale e dalle intenzioni pucciniane, in una versione “rossa” dell’opera rivisitata e corretta ideologicamente con pugni chiusi, protagonisti trasformati in contestatori comunisti e Mimì in minigonna, è costata cara al Maestro milanese. Ma lui, nel ribadire all’Adnkronos contrarietà e decisioni punitive, avverte: «Io mi presenterò comunque sul podio per la Bohème. E se loro avranno un altro direttore d’orchestra chiederò anche i danni di immagine perché a questo punto si tratta di preservare la libertà di opinione. Sarebbe un precedente molto brutto per la cultura italiana e per la libertà in generale di questo Paese».
Il Maestro insorge: «Contro di me una vendetta politica»
All’indomani della notizia della sua revoca al festival di Puccini da parte del presidente della manifestazione, Luigi Ficacci, Veronesi è un fiume in piena. Ma la polemica su cui punta i riflettori ha argini ben precisi. Così, analizzando quanto accaduto a Torre del Lago qualche giorno fa, quando ha diretto l’orchestra indossando una benda nera in segno di presa di distanza dall’impostazione registica della rappresentazione dell’opera, replica e precisa i contorni di una bufera mediatica che va ben oltre i confini musicali della vicenda.
«Io punito per un reato di opinione»
Una denuncia che Veronesi esplicita a chiare lettere e riferimenti puntuali. «Questo “licenziamento” non è altro che una vendetta politica – è l’affondo –. Sia generica, perché mi sono opposto a voler condividere una regia che si è trasformata in una propaganda politico-ideologica. Sia, nel dettaglio, nei confronti delle mie posizioni anche alle ultime elezioni a Lucca, dove notoriamente ho contribuito alla vittoria del centrodestra. E siccome nel cda ci sono elementi legati alla parte che è stata battuta elettoralmente, si sta consumando una vendetta. E il licenziamento per vendetta politica è una cosa molto grave e anticostituzionale».
Veronesi sulla Bohème sessantottina
Per il maestro milanese «qui si tratta della libertà di opinione. Perché se tu mi vuoi far firmare, come direttore d’orchestra e quindi dello spettacolo, un allestimento propagandistico basato sul pensiero della sinistra. E io dico in modo garbato e silenzioso che non sono d’accordo con questa impostazione e tu mi allontani, allora stai punendo la libertà di opinione, che è sancita dalla Costituzione». Poi, ricostruendo le tappe della vicenda, Veronesi spiega: «Io lo avevo già scritto al teatro in una lettera circostanziata, il 7 luglio, in cui avevamo concordato che non ci sarebbe stato alcun riferimento di carattere ideologico e politico. Invece mi sono trovato una scenografia con la caricatura di De Gaulle. La stella a cinque punte. I pugni alzati al cielo».
Veronesi sul podio della Bohème: la mia una direzione perfetta
A quel punto, spiega Veronesi all’Adnkronos, «ho fatto una manifestazione silenziosa. Gandhiana. Indossando una mascherina, il che non è vietato da nessun contratto. Non ho detto una parola e il festival mi condanna dicendo che io avrei fatto delle dichiarazioni contro la rappresentazione. Non è vero: io non ho le ho mai fatte. E non ho mai parlato, nemmeno in conferenza stampa». Inattaccabile, infine, anche sul fronte professionale, il Maestro in ultima analisi osserva anche: «Io ho un contratto tecnico con loro. E loro devono dire se l’orchestra è stata diretta bene o male. E su questo fronte ci sono resoconti che parlano di una rappresentazione perfetta».
«Non si possono sciogliere contratti sulla base ideologica»
E ancora. «Qui si sta parlando di una esecuzione tecnica: non c’è stato un solo sbaglio, cosa che si sente normalmente in tutte le opere dal vivo. Mi dimostrino dove ho sbagliato un attacco o una frase. Me lo dicano». Un appunto ineccepibile, con cui il discorso torna a bomba sulle reali motivazioni del licenziamento calato dall’alto. «Qui l’opinione diventa un reato – conclude allora Veronesi –. E non si possono sciogliere contratti sulla base ideologica. Non solo violentano i compositori e Puccini stesso. Ma deve finire l’arroganza di chi detiene il potere di voler dire che devi sottoscrivere una ideologia politica quando canti o dirigi».