Open, Renzi s’infuria con “Repubblica”: «Tenta di condizionare la decisione della Consulta»
Più che uno scoop, una divinazione. Non c’è altro termine per definire l’articolo con cui il sito di Repubblica ha addirittura anticipato, sulla scorta di non meglio precisate «indiscrezioni», l’esito di una sentenza che arriverà solo domani. Ci riferiamo a quella della Consulta sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Senato contro la decisione della Procura di Firenze di allegare agli atti dell’inchiesta sulla fondazione Open chat, intercettazioni e persino conti bancari di Matteo Renzi quando questi era già parlamentare. E non è tutto, perché il “parto” di Repubblica precede persino lo svolgimento dell’udienza pubblica, fissata solo per domani. Solo dopo i “giudici delle Leggi” si riuniranno per decidere.
Il quotidiano anticipa la sentenza (prevista per domani)
Ma Liana Milella, la più importante firma della scuderia di Largo Fochetti sulle questioni politico-giudiziarie, già sa come andrà a finire. «Intercettazioni e chat che hanno per protagonisti i parlamentari – ha scritto – non possono essere utilizzate senza l’autorizzazione del Parlamento». Ragion per cui, «la Corte costituzionale si appresta domani a dare ragione a Matteo Renzi e a Cosimo Maria Ferri (già sottosegretario e già membro del Csm, ndr) in due casi che si assomigliano». Passano poche ore e un comunicato della Consulta bolla come «totalmente destituite di fondamento» le indiscrezioni di Repubblica.
La smentita della Corte, l’ira di Renzi
«La Corte – spiega la nota – darà comunicazione delle proprie decisioni, rispettivamente sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla sezione disciplinare del Csm e sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato promosso dal Senato della Repubblica, non appena esse saranno state assunte. Si precisa inoltre che il secondo conflitto non è stato nemmeno discusso in pubblica udienza, fissata solo per domani». Sulla “divinazione“ del quotidiano è intervenuto anche Renzi, che ha definito l’articolo «un maldestro tentativo di condizionare il dibattito della Corte Costituzionale» dopo aver espresso «sconcerto per questo stile che non condivido».