Calderoli condannato, dopo 10 anni, per l'”orango” alla Kyenge: il ministro si scusò 3 giorni dopo
Il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi dal tribunale di Bergamo, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, per le offese all’ex ministro Cecile Kyenge, definita “orango” dall’esponente leghista durante un comizio il 13 luglio 2013.
Una vicenda giudiziaria infinita: quarto processo, a dicembre va in prescrizione
L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. Infatti, esattamente tre giorni dopo, in Senato, Calderoli fece pubblica ammenda e la stretta di mano fu immortalata da tutti i giornali.
Pubbliche scuse che non hanno impedito alla Procura di Bergamo di andare avanti nel corso di questi dieci anni. Si tratta infatti del quarto processo per la vicenda, dopo che la Cassazione aveva annullato le precedenti condanne, via via più miti. Nel corso del prossimo mese di dicembre, il reato potrà considerarsi prescritto. La vicenda è dunque destinata a terminare in tempi brevi.
Che cosa disse esattamente Calderoli sulla Kyenge
Contattato attraverso il suo staff dal Corriere della Sera, il ministro ha deciso di non commentare. La frase incriminata fu pronunciata durante un comizio della Lega a Treviglio il 13 luglio 2013.
«Ogni tanto, smanettando con internet, apro il sito del governo e quando vedo venire fuori la Kyenge io resto secco. Io sono anche un amante degli animali per l’amore del cielo. Ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie e tutto il resto. Però quando vedo uscire delle sembianze di un orango, io resto ancora sconvolto», aveva detto Calderoli.
L’audio del comizio, registrato da un giornalista del Corriere Bergamo, finì in un esposto in Procura, Calderoli si scusò pubblicamente in Senato, tuttavia le condanne arrivarono comunque, fino a giugno 2022, quando la Cassazione rimandò il fascicolo a Bergamo perché il collegio non riconobbe il legittimo impedimento a comparire del senatore nell’udienza del 14 gennaio 2019. Calderoli non si è mai visto nemmeno nelle tre udienze che hanno portato a quest’ultimo verdetto: analoga scelta fece allora la Kyenge, che non si è mai costituita parte civile.