Rai, i “santoni” dell’informazione di sinistra hanno fatto il loro tempo, se ne facciano una ragione

27 Mag 2023 11:05 - di Carmelo Briguglio
Rai

Che volete che dica non sia stato già detto dei “cambi” in Rai? L’argomento è attrattivo per la politica e i media. Che si può aggiungere che non sia stato già sciorinato con grande acume e indubbia obiettività? Posso solo esporvi poche cose mie; non sono parte in alcun modo della community scientifica esperta di televisione pubblica. Vediamo.

I “seniores” hanno bloccato il ricambio progressista in Rai

Ho una mia lettura: la chiamerò Teoresi dei Tappi. No, no: non c’entra col riciclaggio del vetro; neppure con i rallentamenti del traffico stradale. Ecco: io credo che la fuoruscita, volontaria e “profumata”, di alcuni giornalisti progressisti faccia bene non solo alla televisione italiana, ma anche alla stessa area di loro appartenenza, per lo più Pd. Molti scrivono di cacciata, esilio e roba così: propaganda, non analisi. La verità è che certi mostri sacri dell’informazione “sinistra” hanno fatto il loro tempo. Guardate gli anni, anagrafici e di servizio. Ci sono quasi sessantenni alla Fazio, diversamente giovane d’età, matusalemmico per gli anni trascorsi in Rai: sono quaranta su cinquantotto in tutto; una trentina a “Che tempo che fa”. Un record.

Fabio Fazio e la Littizzetto, tiro a segno

Bravo, certo. Cortese, come profilo. In verità, mandante non occulto della killer biondina che lo ha accompagnato negli anni: la comica e non soltanto, Luciana Littizzetto; insieme hanno giocato – ma sì, con qualità – a fare il tiro a segno su bersagli della sponda opposta; non solo persone, a cui si è dedicata soprattutto lei; ma anche idee, “tòpoi”, storie del mondo della destra, presi più di mira da lui. Passa per satira e cultura: si chiama politica, finemente fatta con i famosi altri mezzi; ma talvolta sbandando – specie per merito di lei – in propaganda kitsch: vedasi tormentoni rancorosi anti-Meloni. Anche Luciana è sulla soglia dei trenta su cinquantotto a “Che tempo”. Sono andati altrove, scambiando la pubblica fama con maggiore denaro. Avranno lo stesso destino di Crozza. Nulla di sacrificale, per loro fortuna.

Rai “abbandonata” da Lucia Annunziata

Lucia Annunziata se ne va, ma a 72 anni suonati; é stata in azienda dal 1995: ha fatto di tutto, inclusa la presidente dell’ente. Ed é stata alla guida dello stesso “salottino” – “In Mezz’ora” – dal 2004: trent’anni in Rai e quasi venti al comando dello stesso programma. Posso annotare subito un dato? Sono invecchiati loro e hanno invecchiato le loro tribune televisive, non credete? Lo dico non perché si tratti di antropologie di sinistra, spesso “comuniste” mai pentite o nostalgiche dell’Urss che fu: vedasi duetto di lei con Antonio Di Bella, altro mammut del giornalismo dem, contro il popolo ucraino, i cui immigrati in Italia la coppia definì, in diretta tv, “centinaia di migliaia di cameriere e badanti” (lei), “e di amanti” (lui). Roba da nascondersi. No, non è questo che mi interessa. E neppure la loro interpretazione di parte, faziosa in eccesso, di atti e fatti della politica e della società. Ma perché io sono convinto che queste presenze abbiano fatto da “tappo” al ricambio nella stessa area culturale della sinistra.

Il “tappo”, un danno per i giovani

Gestirsi in totale autonomia, per decine di anni, lo stesso spazio tv, con identico format e non cambiando nulla a cominciare da se stessi, ha impedito il rinnovamento dell’offerta al pubblico che paga il canone; ha ostruito – lo ripeto – l’emergere di facce nuove della stessa appartenenza: energie e bravure “gauchiste” a cui per anni é stato impedito di prendere il volo. La verità è che l’inamovibilità di trasmissioni e conduttori ha bloccato l’ascensore professionale nello stesso mondo “left”; è mancato il ricambio, perché la difesa ad oltranza dei “fortini” e dei “seniores” progressisti ha ostruito l’accesso alle giovani generazioni dello stesso giornalismo schierato a sinistra.

Quanti avrebbero meritato di “salire”…

Potrei fare nomi e cognomi di colleghi capaci e preparati, ad esempio della fucina di Rai news 24: avrebbero meritato di “salire”, ma la sinistra radiotelevisiva, li ha congelati alle loro posizioni di partenza, perché c’erano i soliti sacerdoti del tempio democratico da tutelare. Ma non mi interessa mettere il naso nel complicatissimo puzzle Rai. E neppure nella sua coloreria. Non é cosa mia. Quei pochi, ma emblematici casi, che ho raccontato, mi servivano a questo primo ragionare.

Rai occupata dalla destra? No, c’è Rai 3: è intoccabile

Il secondo è questo. Vabbè, vabbè, sarà “tele-Meloni”, tutto quel che volete. E ci saranno stati accordi con le opposizioni più o meno palesi. Copione non proprio originale. Ma, scusate: in questa tv pubblica così monopolizzata dalla destra, come mai esiste e resiste una rete orgogliosamente “di sinistra”? Perché neppure la Meloni varca il confine di Rai 3? Perché ad ogni variare di governo della Terza Rete restano immutati il colore, le tendenze, i gestori, le formule, le ospitate, la linea editoriale “gauchiste”? Perché ad ogni svolta resta sempre intatta con i suoi intoccabili? Inclusi i giornalisti che – unico caso in tutta l’informazione del servizio pubblico – hanno licenza di uccidere i “nemici” del centrodestra.

Bianca Berlinguer, intelligente “avversaria”

Il caso “Report” è unico; trasmissione di 007 che colpiscono solo in una direzione, con intenti letali; certo piace, ma piace al soltanto al mondo di sinistra. Non credete che io adesso scriva: è ancora tollerabile uno sconcio così? Assolutamente no: non lo scrivo. “Report” deve restare al suo posto. Il Tg3 – altra postazione che attraversa, immutata tutte le stagioni politiche e i passaggi di governo – continui pure a parlare agli italiani di sinistra. “Carta Bianca” della Berlinguer, intelligente “avversaria”, pure. Perché? Perché in una visione plurale e bipolare della televisione pubblica, Rai 3 è una garanzia per la destra: anima una dialettica che rafforza la sua legittimità, rivelando “ex adverso” la speciosità di lamentazioni e narrazioni discriminatorie anti-destra. Perché la sua stessa esistenza e anche la sua “specificità”, per non chiamarla consolidata “anormalità”, certifica che non c’è alcun “occupazione meloniana” del servizio pubblico. E che il racconto di Schlein e compagni é fragilissimo; cioè, la “sinistra televisiva” fa da polizza alla destra di governo; la conferma come democratica, costituzionale, pluralista; rispettosa dello statuto morale dell’opposizione e delle minoranze anche nel servizio pubblico televisivo. Vi chiedo perdono, ma é così: in Rai e oltre, la figlia di Berlinguer “garantisce” i nipotini di Almirante.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *