Lo slang sta rovinando l’italiano. Insopportabili “amò”, “fra” e “bro” (robaccia da social e reality)

29 Mag 2023 10:29 - di Paolo Sturaro

La lingua italiana non avrebbe, di per sé, bisogno di essere difesa perché è una delle lingue più belle del mondo, zeppa di cultura e di tradizione. Ma rischia di essere “rovinata” dallo slang, ossia da quelle parole ed espressioni – spesso orripilanti – che non appartengono al lessico, E che sono usate soprattutto dai giovani. Da una ricerca risulta che il 57% dei cittadini boccia nettamente lo slang. In testa alla classifica delle abbreviazioni, acronomini, idiomatismi, inglesismi e quant’altro – che possono rendere una conversazione di fatto incomprensibile ai più – c’è la parola “bro”, abbreviazione dell’inglese brother, È usata come appellativo tra i coetanei. La versione “tradotta” è “fra”, che sta per “fratello”, che risuona insistentemente (e fastidiosamente) nei talent e nei reality.

Lo slang e quei modi di esprimersi indigesti

Molte sono le espressioni indigeste. Ad esempio, “che sbatti”, che si dice quando non si ha voglia di fare nulla, per non parlare di “gls”, abbreviazione per “già lo sai”. Un altro intercalare è “amò”, abbreviazione della parola “amore”, ripetuta ad oltranza come “fra”. D’altra parte se l’89% degli italiani, prosegue il rapporto, ammette l’utilizzo di qualche termine slang, quasi 1 su 5 lo usa abitualmente nella maggior parte delle conversazioni. Tra le frasi gergali più note ci sono le parole “postare”, “un botto” e “spoilerare”, E ancora “mai ‘na gioia”, “inciucio” e “bella” che ormai sostituisce il saluto amichevole. Solo per intenditori o habituè dello slang invece “abbuco”, “bibbi”, “bae” e “simp”.

Meglio studiare la lingua italiana in modo serio

Ma dove si impara lo slang? Il 59% lo assorbe da internet o dai social media. Il 43% dagli amici; il 18% dalla famiglia. E se il 13% degli italiani pensa che sia appropriato usare lo slang anche in ambito professionale, solo il 4% avrebbe il coraggio di usarlo davanti al proprio capo. Forse sarebbe giusto, per molti, tornare sui banchi di scuola. E sostituire l’ormai coatto “amò” con una bella frase tratta dalle gigantesche letterature italiana, latina o greca. Studiare fa bene alla salute. E al modo di esprimersi.

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