L’incubo del papà di Masha estradato da Minsk: in cella mi hanno sbattuto la testa al muro e preso a calci in petto
Dopo mesi di silenzio, Vladimir Bilienko – l’avvocato del papà di Masha, Aleksei Moskalev – torna a parlare del suo assistito. Su cui – sostiene il legale che da settimane non riusciva ad avere sue notizie – lancia l’ultima allarmante novità. L’uomo, denuncia il suo difensore, condannato a due anni di carcere con l’accusa di discredito ripetuto delle forze militari russe, è stato estradato in Russia dalla Bielorussia, e si trova ora in un carcere di Smolensk. Un’odissea fatta di violenza cieca, che l’ultimo capitolo giudiziario – e punitivo – continua a raccontare senza lasciar intravedere neppure un minimo spiraglio su una possibilità d’uscita…
Russia, il papà di Masha estradato dalla Bielorussia
Nessuna via di fuga dall’incubo per l’uomo, neppure quando – dopo la condanna a due anni di carcere per aver postato commenti contro la guerra, era fuggito il giorno prima dagli arresti domiciliari. Era fine marzo e dopo aver subito già pestaggi, perquisizioni e accuse, Moskalev aveva tentato disperatamente di sottrarsi alla mannaia che il tribunale aveva calato su di lui. Poi, trovato e portato in carcere in Bielorussia il 7 aprile, il papà di Masha ha denunciato dal primo istante di quella detenzione di aver subìto calci al petto e alla schiena. Ha raccontato al suo legale che gli agenti che lo avevano in custodia gli avevano sbattuto la testa contro il muro e che, sempre durante la sua carcerazione nel Paese del presidente Lukashenko, di aver riportato uno strappo alla gamba destra.
La denuncia al suo avvocato: «Durante la detenzione sono stato picchiato con violenza»
Le autorità russe, nel frattempo, hanno trasferito Masha dalla madre, che aveva lasciato la famiglia quando la figlia aveva tre anni. E che si è ripromessa di rieducare la figlia anche politicamente. Un calvario, anche quello della ragazzina, cominciato con un disegno contro la guerra. Un compito che la 13enne ha realizzato nell’ora di arte, che ritraeva le bandiere russa e ucraina. Una donna con una bambina per mano. Missili che viaggiano in direzione della bandiera ucraina. E con la scritta, una firma finale, che recita: «Io sono contro la guerra».
L’odissea di Masha, l’incubo del suo papà
Un semplice disegno, accusato di pacifismo coatto e di attacco alle forze militari di Mosca, che ha comportato l’arresto del padre. L’inserimento della figlia in un orfanatrofio in una località sconosciuta. Poi, addirittura, il trasferimento in una struttura «per la riabilitazione sociale» da dove la ragazzina, internata, ha scritto al padre una commovente lettera in cui esordiva: «Papà sei il mio eroe… Non arrenderti. Abbi fiducia, spera e ama perché, come mi hanno detto, sono solo coloro che sanno avere fiducia, speranza e amore a vincere». E chissà quante volte il genitore si sarà ripetuto nella mente quelle parole di Masha per tentare almeno di provare a tener duro…