I funerali di Andrea Augello: il commovente ricordo di Giorgia Meloni e Goffredo Bettini
Nella basilica di Santa Maria in Aracoeli, sul Campidoglio, si sono tenuti stamattina i funerali di Andrea Augello. Al termine di una cerimonia tanto sobria quanto partecipata, Goffredo Bettini e Giorgia Meloni hanno tenuto due discorsi in ricordo del senatore di FdI, scomparso venerdì a 62 anni, gli ultimi due dei quali segnati dalla malattia. È stato lo stesso Augello a chiedere all’avversario-amico di sempre e alla premier, che aveva visto crescere nelle file del partito, di assolvere a questo compito “non facile”, come ha sottolineato Meloni. L’impressione è che abbia voluto così lasciare un ultimo messaggio ai suoi cari, ai suoi amici, alla comunità politica, rappresentata dalle sue più alte cariche nazionali e locali: tra gli altri, il presidente e il vicepresidente del Senato, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri; il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca; il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. L’impressione è che, come aveva sempre fatto nella sua vita, anche nel commiato Augello abbia voluto dare un senso alle cose, con una visione, una intuizione, uno slancio fuori dagli schemi in cui tutto, però, si tiene.
Che Augello avesse un messaggio da affidare a chi è rimasto, del resto, lo ha detto esplicitamente Roberta Angelilli, dopo aver ringraziato per “la straordinaria partecipazione, l’affetto, la commozione, l’amore, la vicinanza” che, nella loro autenticità, avrebbero reso “felice” anche “un uomo sobrio, essenziale e che non amava la retorica” come Augello. “Andrea voleva che vi trasmettessi tre parole: forza, coraggio e onore”, ha raccontato. “La forza di fare grandi cose, delle idee, dei valori, delle grandi visioni. Il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di credere anche quando le cose sono difficili. Ma prima di tutto l’onore, che è sincerità, onestà, integrità. Queste tre parole io oggi ve le consegno. Andrea – ha concluso Angelilli – era un grande uomo e non solo un grande combattente, e in questi due anni di malattia è stato un esempio. Andrea rimarrà per sempre”.
Il senso profondo dell’onore, la lealtà che non abbandonava mai, pur comportandosi da avversario inflessibile, sono stati il filo conduttore anche del ricordo di Goffredo Bettini, che a lungo a Roma e non solo è stato il suo uguale e contrario nel campo della sinistra: lo stratega, quello cui guardi per capire che sta succedendo, quello da cui, in fin dei conti, devi anche guardarti, perché da un momento all’altro piazzerà lo scacco matto. Non a caso Bettini, nel suo lungo intervento, ricco di aneddoti e citazioni, ha richiamato anche il gioco degli scacchi. “Andrea – ha detto – era un dirigente forte, che ha sempre lottato per le sue idee”, con il quale “abbiamo incrociato spade e cuori. Ora, riposte le spade, è rimasto solo il mio affetto vivo e la mancanza di un’amicizia autentica”, ha detto l’esponente Pd visibilmente commosso. “Siamo stati avversari e amici”, nel segno di una “lealtà che non è mai venuta meno” e che è stata sugellata anche da un vero e proprio “patto di lealtà”, che Augello gli propose contro “gli aspetti subdoli, volgari, maligni della politica”.
Eccolo il messaggio di Andrea Augello passato attraverso Bettini: il richiamo a vivere la politica come campo dell’onore, dell’intelligenza, della curiosità e del rispetto anche per l’altro da sé. “Andrea sapeva che fuori le mura della politica c’è un magma incandescente che spetta a ciascuno saper governare”, ha detto Bettini, sottolineando che “io oggi parlo di amicizia, perché gli amici si appartengono e si attraversano, Andrea è stato un combattente, energico e intransigente”. “Con Andrea abbiamo condiviso tutto, politica famiglia, figli, abbiamo parlato tanto di filosofia e poesia. L’ultima volta mi ha parlato della sua malattia, come di un segreto, ma con un distacco quasi disincantato, con l’unica preoccupazione che i suoi cari avessero il tempo di abituarsi al suo destino”. È andato avanti senza mai rinunciare al “fare, che è onorare la vita mentre essa scorre”. Nonostante l’incedere del male “Giorgia Meloni lo ha voluto al Senato, segno di sensibilità, ma anche di stima”. Poi Bettini ha concluso con un ricordo dell’ultimo incontro, “in una bella giornata di sole, con un caffè al tavolino, al termine del quale mi strinse la mano con affetto”.
Anche Giorgia Meloni ha parlato di quando Augello le ha rivelato la malattia, commuovendosi e facendo commuovere. “Non è una cosa facile quella che Andrea ha voluto facessi. Non solo perché gli volevo sinceramente bene, ma perché – ha detto il premier – è difficile parlare al funerale di un uomo che avrebbe detestato essere compatito”. Augello, ha ricordato Meloni, era “un uomo coraggioso, spavaldo. Di quella spavalderia guascona che riesce a strapparti un sorriso anche da avversario. E averlo avversario non era una buona notizia”, anche se “era capace di un’umanità straordinaria, di quell’ironia che appartiene solo alle persone intelligenti”. “Sapeva ridere e far ridere di tutto”, ha detto Meloni, raccontando che “quando venne a dirmi del suo male, pensavo dovesse dirmi qualcosa sul prossimo appuntamento elettorale e io gli dissi: ‘dimmi Andrea, ho solo 20 minuti’. Lui mi guarda e senza muovere un muscolo mi dice ‘sto morendo’. E io non riesco a dire niente. Allora lui mi dice: “Dai, Giorgia, non fare così, pensa a me che devo dirti che devo morire in 20 minuti…”.
“Durante un ricovero in ospedale – ha raccontato ancora Meloni – lo invitarono a consultare la psicologa del reparto, lui rispose: ‘Se vuole ci parlo, ma non penso di avere le competenze necessarie ad aiutare questa signora’. Andrea era così, ma è stata questa sicurezza così ferma a renderlo un punto di riferimento per tutti. Sapevi di poterci contare, io conservo ancora i messaggi di qualche giorno fa pieni di consigli, di spunti, di intuizioni”. Ed eccolo l’altro messaggio che si può immaginare, intuire nella scelta di Augello di chiedere il ricordo a Meloni: la responsabilità del futuro, l’obiettivo della vittoria, la continuità di un impegno in cui credere così profondamente da tenerlo vivo anche nella malattia e, in qualche modo, anche dopo la morte. Uno stile che, lo ha ricordato anche il premier, non conosceva differenze tra pubblico e privato, perché era modo di essere. Meloni ha riferito la preoccupazione del senatore di Fdi per “la sua famiglia e soprattutto le sue figlie, la cosa che in assoluto amava di più. Viveva la malattia come un tradimento nei loro confronti, ma io penso fermamente che mai chi ha avuto un padre così potrà considerarlo un traditore”.
Meloni quindi ha concluso ricordando l’ultimo intervento pubblico di Andrea Augello, quando letteralmente scappò dall’ospedale per partecipare all’apertura della campagna elettorale di Roberta Angelilli per le regionali, nelle quali è stata eletta infine vicepresidente della Regione Lazio. Augello ha parlato di questi come degli “anni del nostro riscatto. Non sempre avremo giorni felici, non sempre sembreremo belli e invincibili quando arriveranno gli anni difficili ricordate che abbiamo fatto la storia”, ha detto Meloni citandolo. “Io non dirò cose patetiche, perché Andrea non lo avrebbe sopportato. Oggi abbiamo davanti progetti che Andrea non ha potuto realizzare e che forse sono a portata. Ad Andrea dico che ci saremo come ci sei stato tu, e noi useremo le stesse parole che hai usato per Tony (il fratello venuto a mancare diversi anni fa, ndr): c’era una volta mio fratello”, ha concluso Meloni sollevando un caldo e lunghissimo applauso dei presenti.