Dc, guerra tra “ex” sullo scudocrociato. E Rotondi denuncia il «furto di Balena Bianca»

2 Mag 2023 19:44 - di Redazione
Rotondi

Scudocrociato senza pace. Oggi come ieri, infatti, tra i democristiani sopravvissuti alla Prima e alla Seconda repubblica la divisione è d’obbligo. E ancora una volta sul simbolo. A dare fuoco alle polveri, attraverso un esposto-diffida in cui denuncia «un “furto” di Balena Bianca», inviato a Mattarella, Meloni, Piantedosi, Foti nonché ai presidenti di Senato e Camera, La Russa e Fontana, è Gianfranco Rotondi. All’Adnkronos, il parlamentare (eletto in quota FdI), ha spiegato di aver agito in «veste di rappresentante legale dell’ultimo partito dc rimasto in Parlamento». Nel suo mirino, alcune associazioni che rivendicano, «senza averne titolo giuridico, l’utilizzo dello storico emblema con la scritta Libertas». Dietro queste «azioni di disturbo» Rotondi intravede una «regia politica» finalizzata ad «arrecare danno all’immagine della Dc». Da qui la decisione dell’esposto-diffida.

Rotondi: «Azioni di disturbo con regia politica»

A sostegno delle proprie ragioni, il parlamentare compie un lungo excursus storico che  ripercorre le varie tappe della contesa sul simbolo Dc dalla fondazione del partito ai giorni nostri. L’anno cruciale è quello del 2008 quando, ricorda Rotondi, «al pari di FI e An» anche la Dc «sospese le proprie attività elettorali, dando vita al partito del Popolo delle libertà». Poi il Pdl affogò tra liti e rivalità e dalle sue ceneri nacque FdI e risuscitò Forza Italia. «Anche la piccola Dc – sottolinea l’ex-ministro – riprese una autonoma, seppur ridotta, attività elettorale». Fino a ritornare dieci anni dopo sulla scheda elettorale delle regionali abruzzesi per indicare le liste comuni della Dc e dell’Udc di Lorenzo Cesa. Esperimento bissato due anni dopo in Campania e tuttora in corso alle attuali elezioni amministrative.

L’ex-ministro siede da indipendente nel gruppo FdI alla Camera

Tra i nomi dei “disturbatori” Rotondi cita solo quello del dott. Pino Pizza, uscito però soccombente in una sentenza con cui la Corte di Cassazione ha riaffermato che l’uso di nome e simbolo da parte dei nuovi partiti trae legittimità appunto da accordi ed autorizzazioni provenienti dal soggetto originario, cioè la Democrazia Cristiana. «Tra questi – puntualizza Rotondi – l’utilizzo in esclusiva in capo all’Associazione di cui sono rappresentante legale della denominazione “Democrazia Cristiana“». Ciò nonostante, le turbative non sono cessate. Infatti, le Dc sono ora tre. La «situazione è paradossale», recrimina Rotondi, sempre più convinto dell’esistenza della regia politica. «Tant’è – argomenta – che si contesta a me il diritto di aver portato alle ultime politiche la Dc e il movimento ad essa federato “Verde è Popolare” a un’intesa elettorale con Fratelli d’Italia, nel cui gruppo parlamentare orgogliosamente siedo da indipendente».

 

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