Condannata per droga la famiglia tunisina al centro della “citofonata di Salvini”. Altro che insulti e sfottò…
La famosa «citofonata» di Salvini, che all’epoca della campagna elettorale per le Regionali che portarono alla vittoria in Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, armò un putiferio che ha riempito paginate di giornali e beato gli anti-salviniani in servizio effettivo permanente, oggi convalida il suo perché. Un perché che ha già trovato riscontro nella sentenza di un giudice del capoluogo emiliano, che dispose l’archiviazione definitiva del procedimento contro il leader della Lega (e della signora che lo aveva accompagnato nel rione denunciando spaccio e degrado). E che si aggiorna alle condanne per droga della famiglia a cui il ministro citofonò. Condanne arrivate nelle scorse ore.
Bologna, condannata per droga la famiglia tunisina protagonista della “citofonata di Salvini”
Ebbene sì: a Bologna, la famiglia di origini tunisine a cui Matteo Salvini citofonò nel 2020, indagando sul fatto che potesse esserci uno spacciatore in casa, è stata condannata per droga. A conclusione del processo in primo grado a un’organizzazione che gestiva lo spaccio in zona Pilastro, il tribunale ha comminato ben 21 condanne. La più alta a 14 anni e sette mesi. E come spiega tra gli altri il sito del Tgcom24, «le pene più pesanti sono state per le persone a cui è stata riconosciuta l’accusa di associazione finalizzata al traffico di droga. Tra quelle persone risulta coinvolta appunto anche tutta la famiglia alla quale citofonò il ministro della Lega».
La sentenza nel dettaglio: l’accusa di associazione finalizzata al traffico di droga e pene pesanti
E allora, entrando nel merito della sentenza, come spiega sempre il sito citato, «in particolare, per questi ultimi, il Gup Sandro Pecorella ha deciso condanne a due anni, sei mesi e venti giorni per un uomo. Un anno per la moglie. Quattro anni, sei mesi e venti giorni per un figlio. Tre mesi e dieci giorni per un’altra parente. Mentre un altro figlio era minorenne all’epoca. Il giudice ha anche pronunciato un’assoluzione e un non luogo a procedere per mancanza di querela per due imputati. Infine, una dozzina di posizioni saranno giudicate con il rito ordinario».
Secondo l’accusa gli imputati pianificavano gli acquisti di cocaina e hascish
Secondo l’accusa, l’associazione era composta da sette persone più il minore: pianificavano gli acquisti di cocaina e hascish. Cercavano nuovi fornitori. E i locali dove stoccare la droga che poi rivendevano sulla piazza locale. Eppure, già all’epoca – era il 2020 quando l’attuale ministro della Lega fu oggetto di pesanti polemiche per quella fatidica citofonata, tutt’altro che inopportuna date le indagini legate alla vicenda, partite dall’inchiesta su un omicidio dell’agosto del 2019 – il gesto dell’attuale ministro scatenò la furia polemica e sarcastica degli anti-salviniani che ironizzarono e attaccarono in spregio di quello che poi un giudice avrebbe ritenuto invece essere motivato da un interesse pubblico della notizia cercata da Salvini.
Citofonata di Salvini, la cronaca dimostra che il gesto del leader della Lega non era poi così gratuito…
Decretando, insomma, che l’obiettivo del leader del Carroccio – e della signora che lo accompagnava – era «mettere in luce problematiche e degrado del quartiere, perlopiù causato dall’attività di spaccio di droga». Il loro intervento dunque – secondo la ricostruzione – fu mosso da motivi politici. E «volto a supportare quella parte di popolazione che aveva mostrato insofferenza verso gli episodi di criminalità del quartiere». Ora, anche la sentenza di oggi, conferma. E contribuisce a calare un pietoso velo su quella cagnara che culminò – partendo da insulti e sberleffi – in un’interrogazione parlamentare, e perfino in un’indagine. Facendo scaturire perfino un caso diplomatico: con l’ambasciatore della Tunisia in Italia scrisse alla Casellati lamentando «l’illegittima diffamazione di una famiglia tunisina».
Ci sono voluti tre anni, un’archiviazione e la sentenza di oggi per mettere a tacere polemiche e sberleffi
Ora, a tre anni di distanza da quella famosa “citofonata” di Matteo Salvini alla casa al Pilastro di Bologna, in cui vivevano presunti spacciatori, la cronaca dimostra che il gesto plateale del segretario della Lega non era poi così gratuito…