Arrigo Sacchi testimone diretto dell’alluvione: “Siamo saliti ai piani alti. Vivemmo lo stesso incubo nel ’49”

18 Mag 2023 9:23 - di Luisa Perri

«Quando si arrabbia, la natura è sempre più forte di noi. A Fusignano scorre il Senio, che non sarà il Mississippi ma in questi giorni non c’è mica da scherzare»: lo dice, in un’intervista a Repubblica, Arrigo Sacchi, storico allenatore del Milan e della Nazionale, a proposito dell’alluvione che ha messo in ginocchio l’Emilia Romagna.

Arrigo Sacchi racconta: ci hanno ordinato di salire ai piani alti

«Stiamo vivendo un’alluvione che mi ha risvegliato quello che forse è il primo ricordo della vita: ho tre anni, e mi caricano sul tubo della bicicletta per portarmi a guardare il fiume che è uscito dall’argine. Rivedo quella scena perfettamente, in ogni dettaglio, come se fosse avvenuta poche ore fa. Ricordo i sacchi di sabbia, un muro per fermare almeno un po’ quel disastro». La sera del disastro, Sacchi racconta che si trovava davanti alla tv «guardando Inter-Milan, ed è arrivato l’ordine di salire ai piani alti delle case per metterci al sicuro. L’ho fatto anch’io, immediatamente: qui bisogna essere in forma per forza».

«Qui basta spostarsi di quattro o cinque chilometri e tutto cambia – spiega –  A Maiano Monti, il paese di Vincenzo Monti dove ci sono ancora i suoi famosi tigli, stanno più all’asciutto di noi. Ma se si va ancora oltre, un altro canale è esondato e si è mangiato cinquanta metri di sponda vicino a un forno, una cosa impressionante. A un certo punto volevo andare a controllare in che stato sono dei terreni che ho da quelle parti, però i carabinieri mi hanno bloccato».

“Nessuna cura delle sponde e della natura, paghiamo le conseguenze”

Dalle sue finestre l’ex allenatore vede «il fiume scuro e arrabbiato», mentre «a meno di dieci chilometri è uscito tutto. E non smette di piovere nemmeno per un minuto. Viene un nodo alla gola». Sacchi fa poi una considerazione: «Siamo un Paese vecchio, dove prevenzione e merito sono parole sconosciute. In Italia nessuno sa fare squadra. Conosco Bonaccini, bravissima persona, ma in due o tre anni non si può rimediare a secoli di assenza. Nessuna cura delle sponde e della natura, tutto dovuto e va bene finché dura. Pensiamo di essere sempre i più furbi, invece siamo una nazione piena di debiti». «Mio padre Augusto, decorato di guerra sugli aerosiluranti, un vero pragmatico lombardo, mi insegnò varie cose. La prima: saper distinguere le mele marce che guastano tutte le altre, e imparare a scegliere le persone».

E poi «non c’è quasi mai un progetto, non c’è strategia, solo tattiche improvvisate: come nel calcio. Però è stata la mia fortuna: io facevo cose semplicissime, ma paragonate a quelle degli altri passavano per rivoluzionarie», conclude Arrigo Sacchi.

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