Casamonica, i giudici d’Appello: gruppo mafioso dotato di “prestigio criminale” che assoggetta le vittime

13 Apr 2023 20:25 - di Redazione

“Il gruppo criminale Casamonica, operante nella zona Appio-Tuscolana di Roma è organizzato in una galassia. Ossia aggregato malavitoso costituito da due gruppi familiari dediti ad usura, estorsioni, abusivo esercizio del credito. Nonché a traffico di stupefacenti. Dotato di un indiscusso ‘prestigio criminale’ nel panorama delinquenziale romano. I cui singoli operavano tuttavia in costante interconnessione, Così da aumentare il senso di assoggettamento e impotenza delle vittime. Consapevoli di essere al cospetto di un gruppo molto coeso ed esteso’’. È quanto scrivono i giudici della Corte d’Appello di Roma nella sentenza dello scorso novembre. Che ha confermato l’accusa di mafia per il clan Casamonica.

Casamonica, le motivazioni della sentenza che conferma l’accusa di mafia

I giudici spiegano che ”oltre alle dichiarazioni dei collaboratori Cerreoni e Fazzari, sono risultati illuminanti i riscontri provenienti da alcune intercettazioni’’. Tra cui una che risale all’ottobre 2000. Nella quale una guardia giurata a cui era stata richiesta la somma di 130mila euro per la restituzione di un ciclomotore rubato ’chiedeva a Casamonica come comportarsi per evitare problemi in un ambiente commerciale per lui sconosciuto. E si sentiva rispondere ‘A Roma ci stanno i Casamonica e basta’.

Gruppo coeso con carisma criminale riconosciuto da tutti

“’Che non si trattasse di spacconate o di affermazioni di portata largamente esagerata, come sostenuto dalle difese degli imputati’’ scrivono i giudici, ci sono anche le ‘’deposizioni delle persone offese dai numerosi reati di usura ed estorsione. Apparsi in dibattimento inizialmente reticenti perché spaventati delle conseguenze negative della propria deposizione’’. Nella sentenza che conferma l’accusa di mafia si sottolinea come il clan Casamonica godesse di un “prestigio e un carisma criminale che hanno remota datazione. Se è vero che dagli atti del processo denominato ‘Mafia Capitale’ è emerso che Massimo Carminati aveva coinvolto proprio Luciano Casamonica nelle attività di sgombero del campo nomadi di Castel Romano. Attività che si era svolta senza ostacoli perché Casamonica, soggetto avente carisma riconosciuto dai componenti la comunità sinti, era riuscito a vigilare su costoro’’.

Le intercettazioni confermano l’assoggettamento delle vittime

I giudici nelle motivazioni di Appello citano anche il ‘summit’ che si tenne nel dicembre del 2017 in un ristorante di Grottaferrata con l’obiettivo di siglare la pax da tra gli Spada, famiglia egemone di Ostia, e il gruppo criminale capeggiato da Marco Esposito, detto ‘Barboncino’. L’obiettivo dell’incontro dipendeva in particolare dall’efficacia dell’azione di mediazione di Casamonica. Una legittimazione – scrivono i giudici – sintomatica della partecipazione di Casamonica a una comune cultura criminale (di stampo mafioso).

La condanna più alta, 30 anni, a Domenico Casamonica

Dopo la sentenza di primo grado, che aveva comminato 44 condanne per oltre 400 anni carcere, in Appello la condanna più alta, a 30 anni, è andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano. Condanne pesanti anche per Massimiliano Casamonica 28 anni e 10 mesi, 24 anni a Pasquale Casamonica, 26 anni e 2 mesi a Salvatore Casamonica, 15 anni e 8 mesi a Liliana Casamonica, 16 anni e 2 mesi a Giuseppe Casamonica, 16 anni e 6 mesi a Guerrino Casamonica.

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