La strage di Cutro inizia tre anni fa, quando l’Occidente lasciava l’Afghanistan nelle mani dei Talebani…

2 Mar 2023 12:20 - di Lorenzo Peluso

Riceviamo e pubblichiamo.

Il 29 febbraio. L’inizio della fine, ha una data certa. Il 29 febbraio di tre anni fa. In realtà ne abbiamo già perso memoria, ma è quella la data che ha dato inizio alla più grande tragedia umanitaria causata dall’occidente a danno di un popolo, condannato alla sofferenza perenne. Di Afghanistan non parla più nessuno, tutti troppo presi dai tanti altri problemi del mondo, a partire dalla guerra in Ucraina. Quelle 67 bare allineate nella camera ardente al PalaMilone, il palazzetto dello sport di Crotone, che accoglie i resti mortali del naufragio di Steccato di Cutro, in Calabria, intanto chiedono giustizia e verità. Al momento sono 67 le vittime accertate, tra cui una ventina di bambini. Ieri il mare aveva restituito altri due corpi senza vita: uno dei due era il cadavere di un bambino di pochi anni, poco prima era stato trovato quello di un uomo adulto. C’è poi un ragazzino 12enne afghano tra i sopravvissuti, ha perso nel naufragio tutti e nove i familiari: i genitori, 4 fratelli e 3 altri parenti, anche lui aspetta di sapere il perché.

Perché l’Afghanistan è stato abbandonato al proprio destino, nella mani dei talebani? La strage di innocenti consumatasi a 150 metri dalla costa calabra di Cutro è figlia anche di quella scellerata decisione assunta il 29 febbraio di tre anni fa tra gli Stati Uniti d’America e l’Emirato islamico che firmarono l’accordo di Doha, capitale del Qatar, dopo 18 mesi di colloqui tra Zalmay Khalilzad, ex inviato speciale Usa per la riconciliazione dell’Afghanistan, e il mullah Abdul Ghani Baradar, ex deputato dell’ufficio politico dell’Emirato islamico.

La exit strategy americana per lasciare definitivamente il pantano afghano dove, nonostante i segnali importanti di stabilizzazione del Paese, non si era riusciti, tuttavia, a sconfiggere definitivamente i talebani. I colloqui con i talebani erano stati avviati il 12 ottobre 2018 a Doha; un tira e molla durato ben dieci round di colloqui, con la partecipazione di rappresentanti di almeno trenta paesi e altre organizzazioni internazionali. La conclusione fu l’abbandono, anzi la fuga dei militari della coalizione dal Paese, in quel tragico 15 agosto del 2021. I morti di Cutro hanno quella origine. Quel 29 febbraio, con quella firma si stabilì il ritiro delle forze straniere dall’Afghanistan dopo vent’anni. Cosa è accaduto in questo ultimo anno e mezzo in Afghanistan è noto a tutti. Nessuna libertà per nessuno. Repressione di diritti, a partire dalle donne e dagli studenti. Paese al collasso economico e milioni di persone alla fame. Un flusso biblico di ragazzi, bambini, donne, in fuga verso l’Europa. I morti di Cutro sono responsabilità di quell’accordo, che ora Kabul e Washington si accusano a vicenda di violare, firmato tre anni fa durante la presidenza di Donald Trump, l’ex presidente degli Stati Uniti, in Qatar. Nell’abbandonare quel Paese tutti, noi italiani compresi, affermammo che non ci saremmo dimenticati di quel popolo. Mai promessa fu più tradita. Quei mazzi di fiori e le lacrime davanti al palazzetto di Crotone servono a pulirsi la coscienza; ma in realtà la responsabilità di questa tragedia è di noi tutti, occidentali. Un viaggio maledetto costato 8mila euro, soldi incassati dalla rete di criminali che gestiscono il traffico dal paese d’origine fino all’approdo. Viaggi verso la speranza che noi stessi abbiamo negato a quelle stesse persone, abbandonandole al loro destino, nei loro paesi. E’ una verità amara questa, ma è la verità.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *