Feltri all’attacco di “Bella ciao”: è la canzone più stupida. E su twitter scoppia il finimondo

7 Mar 2023 8:47 - di Redazione
Feltri

Ormai i tweet di Vittorio Feltri sono iperboli, provocazioni inimmaginabili. Ma del resto se l’intento è quello di infrangere, e senza eleganza, un tabù, l’unico modo di procedere è quello dell’elefante nella cristalleria. E così, se tutto lo schieramento progressista si lascia andare all’adorazione di alcuni personaggi, parole, canzoni, concetti, arriva Feltri su twitter e rovescia il tavolo. Sui migranti si è appena spenta l’eco dell’indignazione suscitata dal tweet in cui ricorda il proverbio “partire è un po’ morire” che Feltri ne combina un’altra. E stavolta va proprio dritto dritto su un testo sacro per la sinistra, che è il testo di Bella ciao.

“La canzone più stupida è Bella Ciao. Un verso dice: mi seppellirai all’ombra di un bel fior. Mai visto un fiore fare ombra”. Chiaramente Feltri voleva scatenare le reazioni, ora ironica ora offensive, del popolo del web che fa la “resistenza” su Twitter e ci è riuscito in pieno. Così come quando scrisse che Michela Murgia era brutta come un orco.  Il livello di arrabbiatura per un tweet ironico è altissimo. Qualcuno replica citando il Duce e Giovinezza ignorando che Feltri mai è stato fascista, semmai ha avuto simpatie socialiste e leghiste. Ma non si può chiedere troppo alla “rete”.

Si ricorderà del resto che per il Pd Bella Ciao è una specie di inno nazionale, da suonare accanto all’Inno di Mameli nella ricorrenza del 25 aprile. Lo vorrebbe il parlamentare Pd Gian Mario Fragomeli che presentò una apposita proposta di legge per riconoscerne il valore istituzionale di quello che fu il canto delle mondine. La canzone va studiata anche a scuola, secondo Fragomeli, unitamente alle vicende della Resistenza.Tuttavia Fragomeli ha ben presente il fatto che Bella Ciao non era un inno partigiano e dunque potrebbe a suo avviso essere adottabile da ogni cittadino che vuole lottare contro prevaricazione e intolleranza. Effettivamente Bella Ciao  era una canzone delle mondine, le cui parole vennero adattate a una melodia yddish. Melodia che fa la sua apparizione agli inizi del ‘900 a New York  da un musicista ucraino.I partigiani cambiano le parole e la cantano ma in zone circoscritte: Alto Bolognese, Montefiorino, Reggiano, Reatino. Insomma erano troppo pochi a cantarla per poterla considerare davvero la canzone-simbolo della Resistenza. Nella versione del canto delle mondine la fa conoscere Giovanna Daffini all’inizio degli anni Sessanta: “Questa mattina mi sono alzata/ o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao/ sta mattina, appena alzata/ in risaia mi tocca andar/ e tra gli insetti e le zanzare/ un dur lavor mi tocca far…”.

A decretare la fortuna di Bella Ciao, come scrive lo storico Stefano Pivato, “è il clima politico d’inizio anni Sessanta. Nel periodo che precede e accompagna la costituzione dei primi governi di centro-sinistra e si afferma l’idea della Repubblica nata dalla Resistenza, una canzone come Fischia il vento, contenente espliciti richiami all’ideologia comunista  e oltre tutto costruita sulla melodia di un canto russo, male si presta a interpretare il clima di concordia e di unità di intenti che si intende allora stabilire intorno alla memoria della Resistenza”. (S.Pivato, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d’Italia, Laterza, 2005). Di qui la fortuna di Bella Ciao, ribattezzata come inno partigiano più addomesticabile.

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