L’Ue mette al bando TikTok: «I dipendenti devono disinstallarla, cybersicurezza a rischio»

23 Feb 2023 19:08 - di Natalia Delfino
tiktok ue

La Commissione e il Consiglio Ue hanno deciso di mettere al bando TikTok per ragioni di cybersicurezza. Entrambe le istituzioni hanno chiesto ai propri dipendenti di disinstallare la App cinese da telefonini e altri dispositivi “aziendali”, ma anche da quelli personali registrati per accedere ai propri servizi mobili. La decisione ricalca una misura già assunta dagli Usa, ma – ha chiarito il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer – non vi è stata alcuna pressione da parte di Washington.

La Commissione e il Consiglio Ue mettono al bando TikTok

La decisione mira a «proteggere la Commissione da minacce nella cybersicurezza» e da azioni che potrebbero essere «sfruttate» per condurre attacchi informatici contro l’istituzione, ha spiegato Mamer durante il briefing quotidiano a Bruxelles, ricordando che si tratta della «prima decisione» di questo tipo «riguardante una app». L’esecutivo Ue, ha proseguito, terrà sotto «controllo costante» gli sviluppi nella sicurezza delle altre app di social network.  Dopo l’annuncio della Commissione anche dal Consiglio Ue è arrivata la notizia della richiesta ai dipendenti di disinstallare di TikTok. La segreteria generale, hanno fatto sapere fonti del Consiglio, «mantiene le misure di cybersicurezza in costante revisione, in stretta collaborazione con le altre istituzioni dell’Ue».

L’esperto: «Preoccupazioni comprensibili, TikTok in mano a una azienda cinese vicina al governo»

Per Alessio Pennasilico, membro del Comitato scientifico di Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica, «soprattutto in un momento di tensione geopolitica è comprensibile la preoccupazione verso Stati che possono diventare ostili». Senza esprimere «giudizi tecnici» riguardo all’applicazione, Pennasilico, intervistato dall’agenzia di stampa Adnkronos, ha spiegato che «TikTok è in mano a una multinazionale cinese, molto vicina all’ambito governativo e che, su ordine del governo, potrebbe quindi intraprendere delle azioni attraverso l’applicazione». L’esperto ha quindi ricordato che «ogni volta che scarichiamo un’applicazione apriamo una porticina soprattutto se consentiamo di accedere a foto, microfono, telecamera, contatti…». E dunque c’è il rischio che «chi ha concesso tutto questo possa far confluire delle informazioni verso la Cina». Il rischio ipotetico è – ha chiarito – che queste informazioni, moltiplicate per tante persone, possano costituire una «base di dati».

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