Democrazia, Italia promossa a pieni voti per il pluralismo. La nostra zavorra è la burocrazia

4 Feb 2023 9:45 - di Valerio Falerni
democrazia

Siamo una «democrazia imperfetta» (flawed democracy), ancora lontana da quelle a tutto tondo, (full democracies) rappresentate soprattutto dai Paesi scandinavi, ma anche da Gran Bretagna, Francia e Spagna. Ci consola la compagnia degli Stati Uniti d’America, come noi in “serie B” dopo l’assalto dei sostenitori di Donald Trump a Capitol Hill. Noi al 34°, con un 7,69 di punteggio complessivo, e loro al 30°. Per intenderci, siamo un gradino sotto Malta e due sotto il Botswana. Da non credere. Ma così ha sentenziato il Democracy Index elaborato annualmente dall’Economist Intelligence Unit, gruppo di studiosi che analizzano scenari globali. A parlarne è la Stampa in un articolo molto onesto, sintetizzato però da un sommario tendenzioso quanto basta per generare la convinzione che a impedire al nostro Paese di stare nel gruppo di testa sia la presenza del governo Meloni.

Il Democracy Index: «Italia democrazia imperfetta»

Per fortuna non è così. Da noi il pluralismo funziona alla grande, tanto è vero che l’Economist ci assegna un rassicurante 9,58 che ci pone al livello delle democrazie di “serie A“. Laddove invece annaspiamo è su parametri come la cultura politica (7,5), libertà civili (7,35), partecipazione politica (7,22). A farci sprofondare sotto il Botswana è però il 6,79 attribuito al funzionamento dello Stato (la Stampa, unico neo, scrive «governo»). In poche parole, quel che fa perdere colpi all’Italia sono burocrazia e lentocrazia. E, detto fra noi, per scoprirlo non occorrevano certo i guru del Democracy Index. Le cui simpatie politiche, per altro, sono agevolmente intuibili da quel che scrivono: «La presenza in Parlamento di partiti di destra non è in sé dannosa per democrazia».

Interesse per le scelte del governo Meloni

Sembra fatta. Ma, aggiungono, «i partiti di estrema destra potrebbero minare la democrazia con legislazioni illiberali, o attraverso la censura dei media». E qui il Rapporto fa entrare in scena il governo Meloni. Inizialmente per lodarne «la linea moderata», seppur «motivata in parte dal desiderio di ottenere i fondi europei a disposizione». Poi, però, fa scattare l’alert: «Il suo mandato elettorale era per una linea più radicale e questo potrebbe spingerla indietro sotto la pressione dei partner di governo». Insomma, pare di capire che se l’Italia dovesse involvere verso derive illiberali sarebbe soprattutto perché il governo vuole mantenere fede agli impegni elettorali e dare a ciascuno (Salvini e Berlusconi) il giusto spazio. E noi che credevamo fosse proprio questa la democrazia…

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