Riforme, sull’autonomia regionale basta attacchi a Calderoli: citofonare alla sinistra

4 Gen 2023 12:29 - di Lando Chiarini
Calderoli

Non si sa se ridere o piangere a leggere gli alti lai della sinistra sulla Costituzione tradita, il Sud abbandonato, l’Italia spaccata. Signori, di che cosa parliamo, anzi parlate, meglio ancora, sproloquiate? Di autonomia differenziata, o rafforzata che dir si voglia? Bene allora alzate la mano destra e passatela sulla vostra coscienza. Ammesso che ne siate ancora dotati, una volta fatto non tarderete ad accorgervi che le accuse da voi quotidianamente lanciate al ministro Calderoli vi ritorneranno in faccia come un boomerang. Proprio così: il papocchio costituzionale su cui armeggia il ministro delle Riforme è disseminato di vostre impronte digitali. Vostro, tanto per cominciare, è il Titolo V della Costituzione, una fetenzia di riforma approvata nel lontano 2001 con soli quattro voti di scarto.

Calderoli lavora sul Titolo V voluto dai Ds nel 2001

Forse lo avete dimenticato, ma il virus dell’autonomia rafforzata o differenziata che dir si voglia si annida proprio lì, precisamente nell’articolo 116. Eccolo: «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Poi fu la volta di Gentiloni

Basta leggerlo per capire che Calderoli sta attuando quel che prevede la Costituzione, annata 2001, made in sinistra. E non è tutto, perché dopo la schiforma del 2001 sono arrivate le pre-intese del 2018. A siglarle, l’allora premier Paolo Gentiloni, del Pd, e i governatori di Lombardia, Veneto (entrambe a guida Lega) ed Emilia Romagna (Pd). Quest’ultimo è lo stesso di ora: Stefano Bonaccini. Oggi è tra quelli che maggiormente strepitano per il passaggio alle Regioni di materie come sanità e istruzione. Peccato che cinque anni fa le richiedesse a gran voce anche lui.

Il voltafaccia di Bonaccini

Da allora ad ora è cambiato che Bonaccini è candidato alla segreteria del Pd. E così, invece di richiamare i compagni a un sussulto di memoria, s’imbranca anche lui nel gregge degli smemorati per gridare alla Costituzione tradita, al Sud abbandonato e all’Italia spaccata. La realtà è però ben diversa e ci consegna una verità molto semplice: chi non vuole l’autonomia rafforzata o differenziata che dir si voglia, non ha che da mettere mano alla Carta fondamentale e riscrivere da cima a fondo l’attuale, sciagurato, Titolo V. Quello che c’è ha infatti la secessione incorporata. Ma è farina del sacco della sinistra, non di Calderoli.

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