Carabiniere vittima di un attentato anarchico in cui perse due dita: provo rabbia a sentire lagne sul 41bis
Dopo giorni di violenze, attacchi e guerriglia urbana, all’Adnkronos parla un carabiniere vittima di un attentato anarchico. Un militare in prima linea, e un uomo, Stefano Sindona – una delle tante vittime del terrorismo eversivo – che nel 2003 era un giovanissimo comandante della stazione di carabinieri di Roma in Viale Libia, quando gli anarchici colpivano senza sosta. E una volta, una drammatica volta, hanno colpito anche lui: lasciando sul suo corpo e nella sua memoria emotiva, i segni di un agguato vile, andato a segno senza pietà…
Parla un carabiniere vittima di un attentato anarchico in cui perse due dita di una mano
«Il 4 novembre saranno 20 anni da quel giorno. Fui io ad aprire quel pacco bomba arrivato in caserma: l’esplosione mi è costata due dita di una mano e ferite evidenti, impossibili da rimarginare, all’altra». È lui stesso a raccontarlo all’Adnkronos, ripercorrendo quegli anni difficili e quei tragici istanti, che lo avrebbero cambiato per sempre. «Oggi sento parlare di Cospito, sento le notizie di minacce e scontri – aggiunge subito Sindona –. E quelle lamentele su quanto sia pesante il carcere duro… E mi viene una rabbia… Io sono un miracolato, tutto sommato, ma quanti giovani sotto ai colpi degli anarchici hanno pagato un prezzo ancora più caro?».
«Io carabiniere, ferito da una bomba anarchica, provo rabbia per le lamentele sul 41bis»
E ancora. «Avevo 42 anni, quel giorno me lo ricorderò sempre – racconta ancora l’ex carabiniere all’Adnkronos –. D’altronde, come potrei dimenticare? Le mie mani mi riportano lì ogni giorno. Oggi provo rabbia, ma non possiamo inveire contro lo Stato: è la società in cui viviamo, io non posso farci nulla. C’hanno provato persone più in alto di me e si è visto la fine che gli hanno fatto fare. Figuriamoci che può fare un maresciallo dei carabinieri». Un uomo che, a sette mesi dall’attentato dinamitardo subito, in una operazione condotta da poliziotti e carabinieri insieme, vide l’arresto di tra i quali il presunto responsabile dell’agguato di cui era stato vittima.
Una battaglia che per il carabiniere non si concluse bene neppure in tribunale
A capo della Digos c’era l’attuale capo della Polizia Lamberto Giannini. La matrice era anarco-insurrezionalista. E Sindona, racconta oggi, «il processo nemmeno si concluse bene. Ero un uomo dello Stato, che in tribunale andava da solo col proprio legale. Contro chi si presentava insieme all’avvocato e a un centinaio di persone pronte a dargli manforte. Oggi ho cambiato vita, sono tornato al mio vecchio amore per la pallacanestro. Lavoro coi ragazzini che mi guardano le mani e mi chiedono cosa sia successo».
Il carabiniere vittima di un attentato anarchico insignito di una medaglia d’oro al valor civile
Certo, prosegue, «nel mio piccolo oggi, presidente di una società di basket che conta oltre 150 iscritti tra i 5 ai 18 anni (a San Filippo del Mela, in provincia di Messina, ndr), cerco di inculcare regole e principi sani». Dall’alto di un esempio, vissuto sulla propria pelle, e garantito in ogni istante delle sue giornate. Non a caso, nel 2005 gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor civile per «il generoso altruismo e non comune spirito di servizio con cui si adoperava per impartire immediate disposizioni operative. E si assicurava dell’incolumità delle persone presenti in caserma, prima di acconsentire ad essere trasportato in ospedale».
«Se le regole permettono certi comportamenti ognuno ne approfitta»…
Ossia: «Chiaro esempio di elette virtù civiche ed altissimo senso del dovere». «Purtroppo – aggiunge però oggi in conclusione – se le regole permettono certi comportamenti ognuno ne approfitta. Diversamente ci si penserebbe più di una volta prima di commettere un attentato. Anche la mia figura – conclude – se magari fosse stata presente in un’altra società, in un altro Stato, sarebbe stata più valorizzata. Qui, è come se non hai a che fare con nessuno»…