Sondaggio: il blocco dell’ascensore sociale fa sentire gli italiani più poveri e più esposti

28 Dic 2022 13:29 - di Redazione
ascensore sociale

Un Paese segnato da fratture sociali rilevanti, nel quale 66 per cento degli italiani ritiene di essere posizionato nella parte inferiore della piramide, con una netta percezione di un blocco sostanziale dell’ascensore sociale: meno di quattro italiani su dieci pensano che i propri figli possano aspirare ad una posizione migliore. Sono questi i tratti salienti del sondaggio sulla condizione sociale italiana elaborato da Ipsos per Legacoop e pubblicato nel report FragilItalia: “L’ascensore sociale bloccato“. Ai primi posti dei motivi avvertiti alla base del peggioramento delle condizioni sociali e di vita delle persone figurano gli stipendi bassi (indicati dal 55 per cento nel ceto medio-basso) e la precarizzazione del lavoro (49), seguiti dalle tasse eccessive (42) e dalla corruzione (42%). Al quinto e al sesto posto, a pari merito (con il 27), l’incapacità dei partiti di difendere le persone economicamente più fragili e l’aumento dei divari negli stipendi tra manager e lavoratori.

Così il report “L’ascensore sociale bloccato”

Il sondaggio ha “misurato” l’opinione su cosa può affossare la propria condizione sociale, inceppando l’ascensore sociale, e cosa invece può favorire un riscatto. Al primo posto tra i fattori negativi ci sono le tasse (42 per cento), seguite dalla disonestà degli altri (35), dalla precarietà e dalla paura di rischiare (entrambe al 26). Seguono la sfortuna (20 per cento) e l’accontentarsi del poco che basta (19). Il riscatto, invece, passa per il 48 per cento attraverso la capacità di fare sacrifici. Indica il risparmio il 45 degli intervistati mentre il 37 confida nel lavorare tanto. Più bassa (34) è la percentuale di chi punta sull’aver studiato e (33) sul sostegno della famiglia di origine. Il sondaggio parte dall’analisi delle “fratture sociali”.

Il 66% si colloca alla base della piramide sociale

In testa ai divari più sentiti provocati dal blocco dell’ascensore sociale, sono a pari merito quelli tra ricchi e poveri e tra onesti e furbetti (61 per cento), seguiti, al terzo posto, da quelli tra il popolo e le elite (56) e al quarto e quinto posto, ancora a pari merito, tra italiani e immigrati e tra lavoro stabile e lavoro flessibile (46). Quanto alla collocazione nella “piramide sociale” del Paese in base al reddito e alle condizioni di vita, il 27 per cento ritiene di appartenere al ceto medio e solo il 6 alla upper class. Di contro, ben il 66 per cento degli interpellati ritiene di appartenere alla parte inferiore della scala sociale. In particolare, il 39 per cento al ceto medio “in declino” (inteso come persone la cui posizione sociale è in discesa; il 15 per cento al ceto fragile (chi arriva a fine mese con difficoltà) e l’11 alla lower class (chi ha meno del necessario o si sente povero).

La scomparsa del ceto medio

Un quadro di polarizzazione sociale, insomma, confermato anche dalle relative dinamiche avvertite dalla popolazione negli ultimi anni a causa del blocco dell’ascensore sociale. Solo il 5 per cento degli intervistati ritiene che la propria posizione sia migliorata e per il 31 è rimasta uguale ad un livello medio o alto. Per il 38 è rimasta uguale ad un livello basso o popolare. È invece peggiorata per il restante 26 per cento (per il 7 molto peggiorata). Una tendenza che si proietta anche nel prossimo futuro e condiziona le aspettative di una posizione sociale migliore per i figli, con differenze in relazione al ceto di appartenenza. Tra gli appartenenti al ceto medio, il 35 per cento pensa che i figli potranno migliorare la posizione rispetto alla famiglia di provenienza mentre il 53 che la manterranno invariata. Il 12 per cento ritiene che scenderanno più in basso nella scala sociale.

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