Concita De Gregorio ci prende in giro: lady Soumahoro come la Ferragni, modelli di emancipazione

12 Dic 2022 10:37 - di Vittoria Belmonte
Concita De Gregorio

Due pagine in difesa di Lady Soumahoro, la signora Liliane Murekatete. Le firma per Repubblica Concita De Gregorio che la butta sull’ideologia e paragona la moglie del deputato di Sinistra-Verdi alla influencer Chiara Ferragni.

Concita De Gregorio difende la moglie di Soumahoro

“La prima domanda a cui non trovo risposta è in cosa divergano, a parte gli esiti, le aspirazioni di Liliane Murekatete e quelle di Chiara Ferragni, la più popolare influencer italiana al mondo, una trentina di milioni di follower su Instagram, imprenditrice di se stessa, prossima co-conduttrice del Festival di Sanremo e riferimento per milioni di giovani donne”, scrive Concita De Gregorio. E si allinea in questo modo alla difesa che già il marito sindacalista aveva fatto della moglie, parlando di “diritto alla moda e all’eleganza”.

Concita De Gregorio: che male c’è ad amare gli abiti firmati?

Concita poi si domanda come mai le femministe non difendano il sogno di emancipazione di Lady Soumahoro con le sue valigie griffate mentre giudicano quello di Ferragni un “modello virtuoso”. “Quindi – prosegue – tornando a Liliane Murekatete. In cosa è scandaloso che una giovane bellissima donna arrivata in Italia dal Ruanda guardandosi attorno nel mondo nuovo abbia ritenuto che farsi fotografare poco vestita potesse esserle utile. Cosa disturba del fatto che ami gli abiti firmati come la suprema imprenditrice del Paese. Perché è nera? Impossibile: escludiamo il razzismo.
Perché ha scelto per difendersi l’avvocato di Priebke? Ma gli avvocati migliori sono quelli che fanno assolvere gli imputati peggiori”.

Non una parola sui lavoratori beffati

Il problema infatti è un altro, e non c’entrano né il razzismo né il fatto che sia moglie di un sindacalista che saluta col pugno chiuso davanti alla Camera dei deputati. Il problema è quanto le immagini della signora con abiti e borse firmate strida con le condizioni dei lavoratori della coop nel cui consiglio di amministrazione lady Soumahoro sedeva.

Al di là delle responsabilità penali, che sono individuali come giustamente la De Gregorio sottolinea, se la coop sfruttava minorenni, teneva i lavoratori senza acqua né luce, non pagava gli arretrati ai dipendenti tutto ciò messo sul piatto della bilancia fa sprofondare il diritto alla “cura del proprio corpo”. Lo dicono la logica e il buon senso. Ma Concita è convinta che il vero femminismo sia quello che si mette dalla parte del “buio”. Cioè delle cause perse. Magari sentendosi tanto anticonformista nel non voler rinunciare alla “favola bella” del sindacalista nero e della sua moglie rampante alla faccia dei lavoratori beffati.

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