Pd, Elly Schlein all’attacco nella nomenklatura dem: «Basta inseguire la destra»

18 Nov 2022 16:48 - di Michele Pezza
Elly Schlein

La speranza è che il Pd decida di sostituire l’annunciato letargo con un congresso al ralenti, cioè che invece che a primavera finisca a gennaio. Non che ci interessi più di tanto, ma almeno ci eviteremmo le analisi di quanti – dotti, medici e sapienti – accorrono al suo capezzale assicurando di avere in tasca la ricetta giusta per rianimarlo. L’ultima in ordine di tempo è Elly Schlein, accreditata dai media come società civile mentre ha la tessera del Pd da anni, che parla da candidata alla segreteria seppur fatichi a presentarsi come tale.

Elly Schlein intervistata da Repubblica

«I grandi cambiamenti – ha detto in un’intervista a Repubblicanon si muovono sulle spalle di traiettorie individuali ma di mobilitazioni collettive». Tradotto vuol dire che non farà da sola. Nel frattempo, però, ai suoi compagni spiega la fava e la rava tratteggiando con parole mirate e concetti affilati il partito del futuro. Lei può. Elly Schlein è infatti uno degli esempi più luminosi della sinistra globalista. La stessa che ha scommesso su temi come il climate change, i diritti civili, il gender per ritrovarsi poi espulsa dalle periferie, dalle fabbriche e dal mondo del lavoro tout court.

Gli errori dem

Da tempo, questa stessa sinistra scarica ogni responsabilità di questa marginalità nei luoghi un tempo simbolo della propria egemonia sulla segreteria di Matteo Renzi. Prova ne sia il riflesso condizionato con cui Elly Schlein ha imputato al Jobs Act «l’errore di abbandonarsi al mantra neoliberista della disintermediazione». Come se precedentemente a quella riforma il Pd avesse tenuto botta in tema di lavoro. Lo stesso vale per le politiche dell’immigrazione, rispetto a cui rileva «errori enormi, commessi per rincorrere la destra». L’allusione è a Marco Minniti, ministro dell’Interno di Gentiloni, divenuto premier in scia a Renzi. E sempre là si torna.

Quelle amnesie sul passato

La musica cambia quando il discorso cade sulla destra, da lei accusata perché «non parla mai di precarietà del lavoro che ruba il futuro ai giovani e donne, particolarmente al Sud». Sbagliato. La Schlein finge infatti di dimenticare che anche in quel caso fu proprio la sua parte politica con i “pacchetti Treu” a favorire il precariato dei contratti atipici. E si potrebbe continuare parlando di famiglia, scuola, welfare. La Schlein, insomma, non la racconta giusta. Il problema del Pd non nasce quando imita la destra, ma quando abbandona la tutela degli interessi dei ceti popolari per inseguire le sirene del globalismo. E, detto fra noi, tutto lascia pensare che non sarà un eventuale leadership di Elly Schlein a invertire la rotta.

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