La Germania cede quote del porto di Amburgo alla Cina: i timori per Trieste. Urso gela Pechino

27 Ott 2022 13:31 - di Eleonora Guerra
porto di amburgo

Sta suscitando un aspro confronto in Germania la decisione del cancelliere Olaf Scholz di dare il via libera alla cessione di parte del porto di Amburgo alla società statale cinese Cosco e, dunque, di fatto al governo di Pechino. In particolare, la società acquisterebbe il 24,9% di uno dei quattro terminal, il 3. Una scelta che è stata fortemente critica in seno allo stesso governo, dove sei ministri, tra i quali quello dell’Economia e quello degli Esteri, hanno rimarcato i rischi politici e geopolitici connessi alla cessione di parti di infrastrutture strategiche a Pechino. La scelta di Berlino, però, rischia di avere un impatto anche sull’Italia: il porto di Amburgo, infatti, ha partecipazioni importanti nel porto di Trieste. «Noi – ha chiarito il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – non ci consegneremo nelle mani dei cinesi».

La cessione di quote del porto di Amburgo alla Cina

Il ministero dell’Interno tedesco ha presentato l’accordo raggiunto come un passaggio che «mette a tacere» le preoccupazioni, perché ha ridotto la quota dell’acquisizione, che era partita dal 35%, e ha messo dei paletti alla possibilità dei cinesi di influire su management e decisioni. Rassicurazioni e clausole che, però, non sono riuscite nell’intento di fugare davvero i timori, nonché i sospetti su un’operazione fortemente voluta da Scholz. Dal ministero degli Esteri, infatti, è trapelato un documento, cui ha avuto accesso l’agenzia di stampa Dpa, nel quale si legge che l’acquisizione cinese «amplia in modo sproporzionato l’influenza strategica della Cina sull’infrastruttura dei trasporti tedesca ed europea e la dipendenza della Germania dalla Cina». Nel testo, inoltre, si sottolineano «espressamente i notevoli rischi che sorgono quando elementi delle infrastrutture di trasporto europee sono influenzati e controllati dalla Cina, mentre la stessa Cina non consente partecipazioni della Germania nei porti cinesi».

Sospetti e timori per l’operazione voluta da Scholz

La cessione di parte del porto di Amburgo si inserisce nel contesto delle polemiche già esistenti per il prossimo viaggio di Scholz in Cina insieme a una delegazione d’affari. È La Verità di oggi a ricordare l’irritazione al riguardo della Commissione Ue e il tentativo della cancelleria di minimizzare la coincidenza tra le due circostanze. Una portavoce del governo, infatti, ha sostenuto che tra l’intesa con Cosco e la trasferta cinese di Scholz non c’è alcun collegamento e che la decisione di cedere le quote è stata assunta perché il termine ultimo era il 31 ottobre. La portavoce, però, ha dribblato la risposta alla domanda se ci fossero stati contatti tra l’ufficio del cancelliere e la società cinese prima di assumere la decisione. Dunque, «i sospetti rimangono». E con essi le polemiche e i timori per ciò che potrà accadere in futuro, vista la prassi consolidata della Cina di insinuarsi nei porti europei con quote non particolarmente rilevanti, salvo poi provare ad allargare il proprio pacchetto.

La predilezione cinese per i porti europei e i timori per Trieste

In ogni caso, già così il porto di Amburgo rappresenta un ennesimo tassello della penetrazione cinese nelle infrastrutture strategiche europee: Cosco possiede partecipazioni nei porti di Rotterdam e di Anversa e controlla il porto del Piero ad Atene. Uno shopping che ha riguardato anche l’Italia, dove attraverso la Qingdao Port International detiene il 49,9% del terminal container deep-sea del porto di Vado Ligure. E sotto la lente ora c’è Trieste, dove Cosco ha di recente inaugurato con grande enfasi un collegamento ferroviario con la Slovenia e fa sospettare mire espansionistiche, considerando anche che il Porto di Amburgo è azionista della piattaforma logistica di Trieste. Mire rispetto alle quali però è già arrivato un chiaro altolà del governo.

Urso: «C’è un disegno egemonico, noi non ci consegneremo ai cinesi»

«Non ci consegneremo nelle mani dei cinesi», ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Intervistato al Salone della Giustizia, quindi, ha risposto a una domanda sull’eventualità di utilizzare il Golden Power per il porto di Trieste, ricordando che quella «è una competenza che spetta ovviamente a Palazzo Chigi», ma aggiungendo anche che «posso dire che tutta la nostra politica, anche economica e produttiva, sarà quella di garantire l’autonomia strategica italiana ed europea su tutte le filiere che sono importanti per mantenere nelle nostre mani decisioni sullo sviluppo economico e produttivo del nostro Paese e della nostra Europa». «Questa è la nostra politica. Se poi altri intendono passare dalla dipendenza per l’energia alla dipendenza tecnologica o alla dipendenza in qualche misura commerciale dalla Cina, noi – ha chiarito Urso – su questa strada non li seguiremo».

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