Il prete favorevole a nozze gay ed eutanasia non demorde: «I parrocchiani sono con me»

5 Ott 2022 16:06 - di Viola Longo
prete nozze gay

«Sono dispiaciuto per la vicenda e invito i fedeli a esternare il disappunto con rispetto per chi non è d’accordo». All’indomani della sospensione “a divinis” stabilita dal Tribunale ecclesiastico diocesano, don Giulio Mignani, il prete diventato famoso per le sue posizioni su temi come eutanasia e nozze gay ammette la correttezza nel metodo e nel merito del decreto che gli impedisce di celebrare messa e predicare, ma pur invitando i parrocchiani che si sono schierati dalla sua parte a mantenere modi civili, non sembra intenzionato a demordere. Ed è un po’ come se rivendicasse che nella Chiesa c’è una rivoluzione da fare, della quale lui è il terminale. Il punto che, però, il parroco di Bonassola, 900 anime in provincia di La Spezia, non sembra cogliere è che, come ripetuto da più di un teologo, “una chiesa che sposa le mode del momento presto rimarrà vedova”.

Il prete rivendica le sue posizioni su eutanasia e nozze gay

Don Giulio, intervistato dal Corriere della Sera, non ha negato la correttezza del decreto emesso nei suoi confronti, perché «le mie posizioni non sono conformi all’insegnamento della Chiesa». Inoltre, non farà appello perché «il vescovo ha applicato il codice di diritto canonico». Cinonostante, ribadendo e rivendicando le sue posizioni su aborto, coppie omosessuali, eutanasia, tutte molto in linea con il mainstream, il prete ha chiarito che non lascerà l’abito talare, perché «sarebbe ammettere che c’è un solo modo di vivere la fede». «Sono sereno – ha aggiunto – perché gran parte dei parrocchiani apprezza le mie idee, traendone motivo di crescita e rimotivazione spirituale. Sono gli stessi che si sono scandalizzati, ma per alcuni documenti del Magistero e per l’immagine di una Chiesa ferma in uno scoraggiante immobilismo, non disposta a un dibattito».

La preoccupazione di don Giulio: «Non far considerare la Chiesa poco credibile»

«C’è un fiume carsico che scorre nel popolo di Dio, in parte sotterraneo ma in cerca di punti di emersione e di un bacino di raccolta», ha proseguito don Mignani, aggiungendo di aver «ricevuto email, messaggi, telefonate di solidarietà ma non si espongono perché sarebbero sospesi». «E se incontrasse papa Francesco cosa gli direbbe?», ha chiesto Alessio Ribaudo, che firma l’intervista intitolata «La Chiesa mi ha sospeso, ma su aborto, gay e fine vita i parrocchiani sono con me». «Che non intendevo polemizzare o offendere. Ero preoccupato – è stata la risposta del sacerdote – di non far considerare la Chiesa meno credibile nella società di oggi in cui sono cambiate conoscenze e sensibilità».

Il vescovo? «Credo che sia convinto di possedere la verità»

«Credo che alla base della decisione del vescovo ci sia la convinzione di possedere la verità escludendo ogni possibilità di dialogo», ha proseguito don Mignani, aggiungendo che «invece dovrebbe essere normale quando si riflette su ciò che è più grande di noi ma al contempo ci contiene: come il mistero della vita o di Dio». Una affermazione un po’ spiazzante da parte di un sacerdote, poiché la «verità» è fondamento del cristianesimo e il suo antagonista, specie in un contesto come questo, non è il dialogo, ma il relativismo contro il quale papa Francesco, che pure in questi suoi anni sul seggio di Pietro non ha mancato aperture alla modernità, si è più volte scagliato, non per questo chiudendo al dialogo.

L’avvertito del Papa sulle insidie di secolarismo e relativismo

«Dovete confrontarvi con altre insidie, quali ad esempio il secolarismo e il relativismo. Per questo, accanto ad un annuncio instancabile del Vangelo e dei valori cristiani, non va dimenticato un dialogo costruttivo con tutti, anche con coloro che non appartengono alla Chiesa o sono lontani dall’esperienza religiosa. Abbiate cura che le comunità cristiane siano sempre luoghi di accoglienza, di confronto aperto e costruttivo, stimolo per l’intera società nel perseguimento del bene comune», fu l’avvertimento che Bergoglio lanciò, già nel 2015, nel suo messaggio ai vescovi lituani, invitandoli a «non conformarsi alla mentalità del mondo».

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