Giustizia, il caso infinito di Nespoli: processo da rifare. Ma «non si può essere imputati per 15 anni»
Sos giustizia, tutto da rifare. Sicuramente in merito al processo che vede Vincenzo Nespoli alla sbarra per bancarotta. La Cassazione ha annullato la condanna per la seconda volta. E ha rinviato la querelle giudiziaria a un’altra sezione dei giudici di secondo grado partenopei. Una vicenda giudiziaria lunga quindici anni. Costata molto, sia in termini personali che politici, all’imputato di turno: l’ex sindaco di Afragola (Napoli) e senatore del Pdl dal 2008 al 2013, coinvolto in una vicissitudine legale che, come sottolinea lo stesso Nespoli, «è arrivata ormai al quinto grado di giudizio». Un caso vissuto in prima persona, che fa dire al diretto interessato che, più che mai ora «serve una riforma che determini una ragionevole durata dei processi».
Giustizia, il calvario giudiziario di Vincenzo Nespoli, imputato per 15 anni
E infatti, lo stesso Nespoli, commentando esito e pregresso della situazione che lo ha coinvolto, ha dichiarato: «Se la Cassazione ha annullato per la seconda volta una sentenza della Corte d’Appello di Napoli per una questione che risale a 15 anni fa, la prima considerazione da fare è che non si può essere imputati per 15 anni». L’ex parlamentare, già sindaco del comune in provincia di Napoli, lo dice chiaramente all’Adnkronos. Più che mai dopo che ieri la Cassazione ha annullato per la seconda volta la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Napoli nei suoi confronti per bancarotta in relazione al fallimento di una società di vigilanza di Afragola.
Una vicenda giudiziaria che Nespoli definisce «paradossale»
Una vicenda giudiziaria che Nespoli non esita a definire «paradossale». Già nella prima sentenza, sottolinea l’imputato di lungo corso, «la Cassazione evidenziava l’illogicità di ragionamento da parte delle corti che si sono pronunciate a livello locale. C’è stato un travisamento dei fatti. Non c’è stata oggettività nella valutazione delle vicende illustrate. E la Cassazione nella prima sentenza è stata perentoria ad evidenziare queste cose. Il paradosso è che nel secondo caso la sentenza non si riferisce all’imputato Nespoli. Ma ci siamo costituiti per difendere la Cassazione, alla quale la Corte d’Appello non ha risposto sui rilievi evidenziati sulla prima sentenza».
Nespoli: «Ho pagato personalmente e politicamente»
Un botta e risposta giudiziario che ha finito per trascinarsi a distanza di 15 anni dai fatti contestati. «Una vicenda che mi è costata politicamente e personalmente. Politicamente perché mi ha costretto allo stop: non sono stato messo in condizione di essere ricandidato al Parlamento nel 2013 e ho abbandonato la carica di sindaco di Afragola. E tutto per una vicenda che, come sentenzia la Cassazione, non esisteva. Dovendo scontare inoltre 9 mesi di arresti domiciliari.
«Tutto per una vicenda che, sentenzia la Cassazione, non esisteva»
Non solo. «Dal punto di vista personale è stato un disastro. Ho trascorso 15 anni a lottare. E ho subito provvedimenti restrittivi e collaterali con sequestri e confische: cose che distruggerebbero qualsiasi famiglia. Tutto ciò al di là delle spese legali». Pur sottolineando di non voler legare la sua vicenda personale al tema generale della giustizia in Italia, Nespoli riconosce che «la giustizia è un terreno sul quale il prossimo Governo dovrà aprire un confronto molto ampio in Parlamento».
Giustizia, uno dei nodi prioritari «è la ragionevole durata dei processi»
Perché, conclude Nespoli, occorre «coinvolgere il maggior numero di settori. E perché non è possibile fare una riforma di parte su questa materia». La priorità, sottolinea, «è la ragionevole durata dei processi. La gente non può essere imputata a vita, deve avere un tempo decente per sapere se è colpevole o innocente». E da lì in poi, tornare a una normalità possibile e non così faticosamente riconquistata.