Ancora sangue in Iran, sedicenne rifiuta di cantare l’inno: picchiata a morte in classe
Una studentessa iraniana sarebbe stata picchiata a morte in classe per essersi rifiutata di cantare un inno a favore della Repubblica islamica. Lo ha denunciato su Telegram il Consiglio di coordinamento dei sindacati degli insegnanti in Iran, secondo cui la vittima, la 16enne Asra Panahi, sarebbe stata picchiata insieme a diverse compagne di classe dalle forze di sicurezza durante un blitz effettuato il 13 ottobre al liceo femminile “Shahed” di Ardabil, nel nord-ovest dell’Iran, mentre non si placano le proteste antigovernative a livello nazionale scatenate dalla morte di Mahsa Amini.
Iran, 16enne picchiata a morte in classe
Secondo la fonte, diverse ragazze sono state ricoverate in ospedale a seguito del blitz e un certo numero sono state arrestate. Asra sarebbe morta per le ferite riportate. Le autorità iraniane hanno negato ogni responsabilità e successivamente un uomo, identificato come lo zio della 16enne, è apparso sulla televisione di Stato affermando che la nipote sarebbe morta per una patologia cardiaca congenita.
Per l’ong con sede a Oslo Iran Human Rights finora sono 215, tra cui 27 minorenni, le persone morte nella brutale repressione delle proteste da parte delle forze di sicurezza.
Le proteste non si fermano
Ma le proteste non si fermano e ieri la polizia iraniana ha arrestato 880 rivoltosi nella provincia settentrionale di Gilan. Lo ha reso noto Hossein Hassanpour, vice comandante delle forze di polizia della provincia, citato dall’agenzia di stampa Tasnim. «880 persone coinvolte in rivolte, attacchi ai cittadini, distruzione di proprietà pubbliche a Gilan sono state identificate e arrestate», ha affermato Hassanpour.
Iran, la condanna dell’Onu
L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato un uso “non necessario e sproporzionato” della forza contro i manifestanti che chiedono maggiori libertà e diritti nelle strade dell’Iran. Lo ha reso noto Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che considera “profondamente preoccupanti” le informazioni che parlano di una “incessante risposta violenta” alle proteste da parte delle autorità iraniane e chiede il rilascio “immediato” dei detenuti.
Si stima che almeno 90 membri della società civile siano stati arrestati, inclusi avvocati, difensori dei diritti umani, giornalisti e artisti. L’Onu ha espresso particolare preoccupazione per i possibili abusi sui minori, dal momento che almeno 23 persone avrebbero perso la vita nell’ambito di queste mobilitazioni, scatenate a settembre in seguito alla morte in carcere della giovane Mahsa Amini, arrestata per non aver portato il velo.
Obbligo di proteggere la vita dei bambini
La Shamdasani ha sottolineato che i trattati firmati dall’Iran prevedono “l’obbligo” di proteggere la vita dei bambini, nonché di rispettare le libertà di manifestazione e di espressione. Questi obblighi si estendono anche al trattamento dei prigionieri all’interno delle carceri. Le Nazioni Unite hanno invece rilevato “modelli di maltrattamento, tortura e negligenza medica. Esortiamo le autorità iraniane a svolgere indagini tempestive, imparziali e indipendenti su tutti i presunti abusi e a garantire che i responsabili siano assicurati alla giustizia”.