Per Travaglio & C. denunciare il clima d’odio è roba da asilo: “Giorgia e Matteo piangono dalla maestra”

20 Set 2022 9:29 - di Viola Longo
fatto quotidiano meloni

Chiedere che ciascuno possa svolgere la propria campagna elettorale in sicurezza è «infantilismo». Rivolgersi al ministro dell’Interno perché si adoperi per garantire questo diritto, più volte messo a rischio, è comportarsi da «bamboccioni». Per quanto incredibile possa sembrare, questa è la tesi proposta oggi dal Fatto Quotidiano commentando, nell’articolo «Giorgia e Renzi corrono a piangere dalla maestra», le richieste rivolte da Giorgia Meloni e Matteo Renzi a Luciana Lamorgese affinché intervenga per riportare la campagna elettorale nel perimetro del minino sindacale di civiltà.

Se denunciare il clima d’odio è da «bamboccioni»

Per il Fatto Meloni e Renzi «fanno i duri, ma sono mollissimi» e «quando la realtà incrina lo specchio del loro narcisismo, piagnucolano, alzano i toni, evocano terrorismo e mafia». E, ancora, «quando non trionfano s’adontano, mettono il broncio» e «i due bambocci istituzionali fanno i capricci, chiamano la maestra». Una sequela di insulti giustificata dal fatto che, in fondo, che sarà mai se ti minacciano le Br – la cui sigla non è state “evocata” da Meloni, ma si è palesata sotto minacce di morte sui muri delle nostre città – o se ti aggrediscono sui social, come denunciato da Renzi. Che sarà mai, soprattutto, se il processo democratico per antonomasia, quello che porta al voto, viene inquinato da un clima d’odio, da forme di prevaricazione e violenza politica fisica e verbale, che sono un problema per tutti, non solo per chi ne fa le spese direttamente.

Perché spingersi a tanto?

Per il Fatto Quotidiano denunciare che questa deriva è esagerato e chiedere all’autorità preposta di intervenire è un comportamento da asilo infantile. «Infantilismo» più che «autoritarismo», si legge nell’articolo, che par di capire dal tenore complessivo si configuri soprattutto come una levata di scudi a difesa di Giuseppe Conte. È stato lui, infatti, il motore della richiesta a Lamorgese da parte di Renzi, che ha denunciato di essere stato «subissato di minacce di morte sui social» dopo che il leader M5s lo ha invitato ad andare «senza scorta al Sud» a parlare di reddito di cittadinanza.

Il fango del Fatto Quotidiano su Meloni: «È lei che aizza?»

E, dunque, minimizzare. Minimizzare e ridicolizzare, anche a costo di sostenere l’insostenibile. Il Fatto ricorda che, rivolgendosi a Lamorgese dopo il sesto episodio di provocatori che si sono infiltrati tra il popolo di FdI, Meloni ha chiesto se «il rischio che qualcuno possa ad un certo innervosirsi e che questo possa produrre incidenti, non viene in mente a nessuno». Una constatazione di buon senso, rispetto alla quale però il Fatto si chiede: «Ma è lei, allora, che aizza i suoi elettori a menare contestatori pacifici?». E fa niente se a evitare che quegli incidenti avvenissero è stata proprio la capacità di Meloni di tenere la piazza anche nei momenti di tensione e di quella piazza di rispondere con responsabilità.

Una campagna elettorale segnata da violenze fisiche e vandalismi

Il tutto mentre dalle piazze della campagna elettorale a bassa frequenza, quelle dei banchetti e dei volantinaggi, la cronaca ha frequentemente restituito casi di assalti, atti vandalici, insulti. A farne le spese è stata soprattutto FdI, con militanti aggrediti fisicamente sia a Milano sia a Bologna al grido di “fascisti, dovete morire” e “vi appendiamo tutti”, e banchetti vandalizzati di cui si è perso il conto. Ma il clima di tensione non ha risparmiato nessuno: Lega, Forza Italia, Pd e Impegno Civico, a loro volta aggrediti o oggetto di atti vandalici. Dunque, sono i fatti a confermare che un problema esiste ed è un problema che attiene alla nostra democrazia nel suo complesso. Si può cercare di contrastarlo o si può dire che denunciarlo è «rivolgersi alla maestra». A ciascuno le proprie conclusioni.

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