Berlusconi: «Contro Meloni una demonizzazione vergognosa. La sinistra non cambia mai»

4 Ago 2022 10:33 - di Federica Parbuoni
berlusconi meloni

Alla candidatura al Senato ci sta pensando, ma è convinto che poter essere «più utile restando in Europa». Silvio Berlusconi mantiene alto il suo impegno in questa campagna elettorale, anche se non è certo che correrà personalmente. «Non ho ancora deciso se candidarmi», ha detto ai microfoni di Rtl 102.5, chiarendo che però «è sicuramente infondata la voce di una mia ambizione di fare il presidente del Senato». Ugualmente, ha chiarito il Cav, non pensa neanche a fare il presidente del Consiglio. «L’ho fatto per oltre 10 anni con grandi risultati, adesso bisogna lasciare che ci sia qualcuno che possa fare delle buone cose», ha spiegato Berlusconi, parlando poi della «vergognosa demonizzazione in atto contro Giorgia Meloni».

Berlusconi: «Contro Meloni demonizzazione vergognosa»

«Meloni è stata un ottimo ministro di un mio governo, non manca di tenacia e coraggio, contro di lei è in atto una demonizzazione vergognosa, come è stata fatta di volta in volta contro i leader di centrodestra, è accaduto nel 2009 nei confronti del mio governo», ha affermato Berlusconi, ricordando che «dopo che avevamo gestito magnificamente il terremoto dell’Aquila e abbiamo raggiunto il massimo consenso, è cominciata la campagna demolitrice, che ha portato alla caduta del mio governo, che è l’ultimo eletto su indicazione del voto dei cittadini».

Una sinistra «triste» che si mette insieme «solo contro qualcuno o qualcosa»

«Trovo triste che si mettano insieme solo contro qualcuno o qualcosa», ha quindi aggiunto il leader azzurro, parlando del centrosinistra e ricordando che l’alleanza tra Letta e Calenda «è una cosa ovvia». «Calenda è stato ministro di due governi di sinistra, è europarlamentare eletto con il Pd, si è autodefinito più volte di centrosinistra. Tutta questa operazione serviva solo a ingannare gli elettori moderati, per impedire a quelli che loro chiamano “le destre” di governare». «Non ci riusciranno, ma la sinistra – ha sottolineato – è sempre stata così: essendo divisa e povera di idee, per stare insieme deve trovare un avversario da combattere». E Renzi? «Nel Paese non rappresenta nulla, se volesse costruire un centro lo farebbe con noi, FI è il solo centro possibile in Italia, è il centro alternativo alla sinistra, come il Ppe in Europa», ha chiarito Berlusconi, spiegando che «non l’ho sentito al telefono».

I transfughi? «Vanno con chi li ha insultati e presi in giro. Non li capisco»

Berlusconi, quindi, non ha nascosto «amarezza e delusione personale per le fughe da Forza Italia» e ha spiegato di domandarsi «queste persone, dopo aver combattuto contro la sinistra e aver subito insulti e ironie per questo, come si sentono ad andare con loro, quelli degli insulti e delle ironie. Non li capisco». Quanto al centrodestra Berlusconi ha marcato una distanza di «linguaggio, atteggiamenti ed elettorato» con Salvini, ma ha anche rivendicato che «abbiamo molti punti in comune». La coalizione unita, dunque, darà vita a «un governo di alto profilo, credibile in Europa e nel mondo. Troveremo qualche eccellente individualità dell’economia, della cultura, della scienza e dell’amministrazione».

Berlusconi: «Il centrodestra darà vita a un governo di alto profilo»

«La ripartenza dell’Italia è appena cominciata, dobbiamo consolidarla e implementarla, e alcune risposte le daremo già prima delle elezioni, così da permettere agli italiani di orientarsi», ha chiarito, rispondendo poi a una domanda sugli esponenti di Forza Italia papabili come ministri: «Tajani, Bernini e Ronzulli? Sono nomi di alto profilo, possono sicuramente essere tra i ministri» Il Cav quindi ha escluso una sua volontà di fare il premier e ha spiegato perché si ritiene «più utile in Europa»: bisogna «lavorare per convincere l’Ue a darsi una posizione nei confronti di Usa, Cina e Russia. Per farlo – ha chiarito ai microfoni di Rtl 102.5 – l’Europa deve diventare una potenza militare, con un esercito comune di 100mila effettivi. Ma occorre modificare l’articolo della costituzione che impone il voto unanime. Basta che un solo Paese su 26 dica di no, e si blocca tutto. Almeno per alcune materie, serve una maggioranza qualificata».

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