«Obbligo di Pos incostituzionale»: l’esperto spiega perché. Meloni: «Basta con questa tassa occulta»

9 Lug 2022 13:03 - di Gigliola Bardi
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Una «tassa occulta» che calpesta «i principi costituzionali». Giorgia Meloni torna a parlare dell’insostenibilità dell’obbligo del Pos, ricordando che «l’Italia aveva già ricevuto un richiamo ufficiale dalla Bce sulla spregiudicata lotta all’unica moneta a corso legale che è il contante, portata avanti indistintamente dagli ultimi governi per favorire la costosa e privata moneta elettronica». «Un costo tutto a carico di esercenti e cittadini, che aumenta la disparità sociale», ha ribadito la leader di FdI su Facebook, prendendo spunto dalle riflessioni del docente di Legislazione antiriciclaggio nell’Università di Bologna e noto esperto di Diritto dell’economia, Ranieri Razzante.

Meloni contro l’obbligo di Pos: «Tassa occulta sull’economia reale»

«Come spiega il prof. Razzante, l’obbligo è palesemente in contrasto con gli articoli 3 e 41 della nostra Costituzione. Credo – ha sottolineato Meloni – che ci sia un limite a tutto, non è più tollerabile caricare l’economia reale di una tassa occulta calpestando pure i principi costituzionali, con il fine di ingrassare le banche, spiare e profilare ogni abitudine dei cittadini».

Razzante: «Viola gli articoli 41 e 3 della Costituzione»

In un’intervista all’Adnkronos, Razzante ha spiegato che «l’obbligo del Pos è una chiara violazione dell’articolo 41 e dell’articolo 3 della Costituzione. Lo ripeto da anni». «Non è pensabile – ha sottolineato il professore – che vari governi ancora non si siano resi conto, nonostante i richiami che l’Italia ha ricevuto dalla Bce, che obbligare all’utilizzo delle carte di credito al posto della moneta ufficiale falsa la concorrenza e soprattutto costituisce un grave vulnus all’inclusione sociale delle fasce deboli e non acculturate della popolazione».

Perché l’obbligo del Pos non è attuabile

Razzante, quindi, ha ricordato che «il Cashback ha già fallito i suoi scopi, secondo i risultati pubblicati dallo stesso ministero» e che «gli accertamenti fiscali a pioggia stanno fiaccando imprese e commercialisti, che devono preoccuparsi di come far quadrare i conti e invece sono costretti a seguire i capricci di un’Agenzia delle Entrate sempre più preda della burocrazia e di pregiudizi ideologici». Dunque, «l’obbligo del Pos non solo non si può proporre, ma nemmeno attuare concretamente, in quanto sono impossibili i controlli e, soprattutto, le sanzioni sono ricorribili facilmente».

La necessità di un «fisco amico» e del taglio del cuneo fiscale

Per il professore «il deterrente vero contro l’evasione fiscale è il cosiddetto “fisco amico”, che non arriva mai». Dunque, «giustissime le proteste dei commercianti contro commissioni per i pagamenti con carte che sono tra le più alte al mondo, mentre l’Italia accumula debito pubblico ed evasione fiscale nonostante questi provvedimenti che non generano gettito». «La moneta ufficiale per gli scambi è l’euro, gli altri strumenti di pagamento sono valide e utili alternative», ha chiarito Razzante, sottolineando che «le uniche limitazioni possibili sono già presenti nella normativa europea, e sono quelle del trasferimento di contante secondo le leggi antiriciclaggio». Inoltre, «in questo periodo storico non possiamo permetterci ulteriori lacci ad un’economia già fiaccata da pandemie e guerre certamente non volute. La politica concorda sulla riduzione del cuneo fiscale: allora – ha concluso Razzante – si muova!».

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